giovedì 17 febbraio 2011

Arkeon - seminari intensivi (VHS 1)

Arkeon - seminari intensivi (VHS 1) from arkeon on Vimeo.

L’agriturismo ‘Lo Spagnulo’, il posto dove si svolgevano gli intensivi, i pre master e i master training, è circondato da vaste distese di uliveti. Qui abbiamo una panoramica dell’ uliveto che si trova dietro alla zona del tempio. A volte i cavalli dell’agriturismo venivano lasciati liberi di girare in quest'area.

Il cerchio di pietre ripreso all’inizio del filmato è quello al cui interno viene acceso il ‘fuoco sacro’. All’inizio dell’intensivo vengono designati i ‘guardiani del fuoco’, coloro che sorveglieranno a turno il fuoco durante i giorni dell’intensivo. Nei giorni dell’intensivo il fuoco dovrà ardere ininterrottamente, per questo i fuochisti organizzeranno anche turni di veglia notturna.

Uno dei vari esercizi svolti durante l’intensivo è quello di ‘lasciare andare’ nel fuoco sacro (buttarci dentro) oggetti che simboleggiano per la persona le parti malate o perverse del suo passato e/o delle relazioni della sua vita. Consiglio di leggere le varie testimonianze in proposito che si possono trovare sul questo sito.

Si vede poi il Moccia che predispone la coreografia del tempio, luogo in cui si svolgeranno diversi esercizi dell’intensivo fra cui quello delle sedie, la fossa dei leoni, spesso il cerchio delle donne, e vari momenti di indottrinamento in cui il Moccia espone le sue teorie. Come colonna sonora, musica evocativa, spesso degli indiani d’America.

Il significato degli oggetti posti sul pavimento verrà poi spiegato dal Moccia durante la prima riunione. Si torna quindi all’uliveto dove i volontari stanno ammonticchiando legna e rami nel cerchio di pietre che accoglierà il sacro fuoco purificatore.

Interessante notare come, al minuto 10:48 del video, uno dei fuochisti si faccia il segno della croce prima di entrare nel cerchio di pietre per accendere il fuoco.

Quando la scena cambia vediamo il Moccia che sta disponendo grosse candele lungo i vialetti che conducono al piazzale antistante il tempietto, aiutato da maestri di arkeon.

Il triangolo composto da katane in legno e candele si troverà al centro del cerchio formato dai partecipanti sul piazzale del tempio durante la cerimonia di apertura dei lavori. Moccia e un maestro accendono due torce.

17:18 – i partecipanti cominciano a mettersi in cerchio sul piazzale antistante il tempio. Colonna sonora: canti in latino, tipici delle messe solenni (non conosco il nome ‘tecnico’ di questi canti)

Moccia: "Ah, aspetta. Dunque, chi è che si ferma alla porta?"
Voce: "Io."

La zona del tempio è circondata da un’alta staccionata. Vi si accede tramite una porta che viene chiusa a chiave durante gli esercizi, così nessuno può entrare o uscire liberamente dal luogo in cui si svolgono i ‘lavori’. Moccia indica ad alcuni maestri la posizione che devono avere nel cerchio rispetto a lui.

Moccia: "Ahhhh ! Circle."

Prende le mani dei vicini imitato dalle persone che formano il cerchio. Il cerchio è ristretto, composto solo dai maestri iniziati dal Moccia che lo aiuteranno nei vari lavori dell’intensivo.

Moccia: "La sensazione è morbidezza ma anche forza. Chi va a chiamare … ?"

I partecipanti, a turno, dicono una parola che sintetizza il loro stato d’animo in quel momento.

Maestri: "Spirito. Amore. Sereno. Forza. Forza. Fede. Pace. Fede. Inizio. Incontro con Dio. Magia. Forza."

Da notare che dopo le parole ‘Spirito’ e ‘Incontro con Dio’ Moccia emette un suono di approvazione (Au o Augh).

Moccia: "A me mi viene …" (non capisco cosa dice)

Risatine degli astanti.

Voce: "Ogni riferimento è casuale."
Moccia: "Questo è importante, questo intensivo, perché nel fuoco finiranno tutti i certificati vecchi di reiki e credo che bruceremo diversi milioni di roba e anche l’album delle foto di quando io facevo fotografie nei seminari. Come se va via un pezzo della mia storia. Guardo come mi sento … bene, anzi meglio."

Arrivano tutti i partecipanti all’intensivo che si uniscono al cerchio.

Moccia: "Portatevi tutti la cartellina. Non dentro, lasciatela fuori ma l’importante è che ce l’abbiate tutti."

La cartellina veniva consegnata ad ogni partecipante al momento della registrazione, momento in cui si pagava l’intero costo dell’intensivo, all’arrivo. Conteneva un quaderno piccolo, una penna, alcuni fogli bianchi, gli orari dei lavori (NdR. senza alcuna descrizione di cosa si sarebbe fatto!), alcuni fogli con frasi e brani ‘a tema’ di autori vari.

Moccia: "(rivolto ai nuovi arrivati) Potete entrare. The growing, the growing circle. (serie di sospiri sonori) so many, ahhh. "

Quando tutti i partecipanti sono posizionati nel cerchio, Moccia cambia la colonna Sonora che vira decisamente verso la musica new age, rilassante ed evocativa.

Moccia: "Certo."
Voce: "Hanno detto di avvisare 10 minuti prima della fine così fanno trovare apparecchiato."
Moccia: "Prima di quale fine? La vostra fine (risate)."
Voce: "Ambasciator non porta pena."
Moccia: "Volete ruotare un po’ di là? Cerchiamo di farlo cerchio."

Segue un lungo momento di silenzio durante il quale Moccia guarda i partecipanti ed essi si guardano a vicenda.
Cerchio d’apertura. Il Moccia lascia le mani e si mette a camminare dentro il perimetro del cerchio formato dai partecipanti.

Moccia (dal 26:52:21):
"Un giorno mi è venuta un’idea e l’idea è che nella mia vita ci fosse qualcosa che non funzionava. C’era un pezzo di contraddizione, c’era un grosso sentimento di incapacità affettiva e c’era la ricerca di qualcosa che io non sapevo cosa fosse, per cui avevo provato per molti anni a cercare, ma in realtà non c’erano risposte perché qualunque cosa io trovassi dopo un po’ di tempo perdeva il suo valore, perdeva fra virgolette ‘intensità’; perché in fondo ciò che io cercavo era qualcosa che mi facesse sentire da un lato vivo e presente nel mondo ma dall’altra parte non avesse questo sentimento di vitalità fondato sull’eccitamento, perché è facile sentirsi vivi, basta farsi un’iniezione di adrenalina e uno sente che c’ha la forza vitale, ma non era quello perché quello che io cercavo aveva un’altra caratteristica: doveva essere anche autentico. Ma perché fosse anche autentico, c’era un tunnel da attraversare, che era il tunnel dell’inganno ma soprattutto dell’auto-inganno. Era quella parte di me nella quale io me la sono raccontata per cui cercavo delle cose, poi mi stancavo, ne cercavo delle altre; e un giorno ho sentito che avevo bisogno di qualcosa di vero e è incominciata questa ricerca. Se io avessi saputo il dolore che avrei incontrato in questa ricerca forse non l’avrei cominciata ed esiste un punto, che io chiamo punto di non ritorno, quando la coscienza si sveglia, esiste un punto dal quale non potete tornare più indietro, cioè siete obbligati ad andare per forza avanti perché tornare indietro significa toccare un dolore ancora più grande, per cui di fronte a me c’è un grande dolore, dietro di me ce n’è un altro e io sono al centro.

E questa immagine è un po’ come l’immagine di una persona che si tuffa in un fiume con le acque tempestose e forti e deve decidere se deve tornare sulla riva dalla quale è partito e rimanere dov’era, ma ormai la corrente lo porta via, oppure deve decidere se andare con la corrente verso la riva opposta. E infatti nell’arco di questi anni ho chiesto alle persone sì ha visto tutto il dolore che hai attraversato ma sei disposto a tornare indietro? E la risposta è no. Perché in uno spazio di paralisi persino il dolore perde l’autenticità e il dolore diventa il dolore di non poter più provare neanche un dolore autentico, io vi garantisco che il dolore che proverete in questi giorni sarà autentico, sarà completamente autentico, perché in questi giorni incontreremo l’inferno e da quell’inferno verremo fuori, forse non tutti ma credo la maggior parte.

E qualche volta mi viene quella frase ‘morì e fu sepolto, discese agli inferi per risorgere’. E’ vero che questa è la storia di tutti quanti noi. Oggi, ieri oggi abbiamo preparato lo spazio per il lavoro di questi giorni e la sensazione profondissima nel cuore era una grande tenerezza, che è la tenerezza di chi accompagna ma anche la tenerezza di un piano affettivo nel quale il sentimento è di parlare la stessa lingua, di incontrare persone che sono sullo stesso cammino, che è il cammino della coscienza, che è il cammino (pausa ad effetto n.d.trascrittore) dello spirito, che è il cammino, io credo, di Dio. Dico credo perché lascio a tutti quanti voi una possibilità, che è quella di esplorare individualmente questo pezzo e, una delle cose che io ho visto in questi anni è che questo percorso, come qualunque percorso che sia autentico, ha bisogno di alcune cose. Una di queste cose è l’affidamento perché una delle cose che ha toccato la nostra storia è stata una sorta di tra virgolette ‘arroganza’ nella quale io ce la farò da solo, per cui noi abbiamo imparato a non fidarci, abbiamo imparato a coltivare un mondo interiore che è comunque staccato dal mondo reale nel quale, vi parlo di questo mondo interiore, nel quale ci sentiamo protetti, che però non ci porta da nessuna parte per cui io per anni mi sono crogiolato in una sorta di dolore egocentrico e dicevo ‘come soffro’ ed ero veramente pieno di questo. Oggi la sensazione è quella della libertà, è quella dell’ascolto e compare qualche altra cosa, parole come ‘responsabilità’ ‘uminltà’ e ‘servizio’. Ma tutto questo è il frutto di anni di lavoro.

Ora, il mio invito per voi è a vedere quali sono state le spinte, le motivazioni per essere in questo posto, vedere quali sono le cose che state cercando. Chi cerca delle risposte non troverà risposte, forse troverà domande più profonde e lì cominciano i problemi perché per dare una risposta alla domanda più profonda dovrò cercare la domanda successiva e in fondo la risposta stessa è in realtà la domanda. Io guardo come in questi anni è cambiata la domanda e le cose sono diventate sane, sacre e vere.

Se io guardo tutto l’inferno attraversato per arrivare a oggi e guardo come in questo passaggio attraverso l’inferno in fondo il dolore ha una funzione e la funzione del dolore è quella di mostrarmi la strada, di mostrarmi gli spazi nei quali io devo correggere gli eventi della mia storia, ma anche il mio atteggiamento rispetto alla storia.

E dentro tutto questo noi in questi giorni faremo una ricerca profonda e importante, individuale per ciascuno di voi ma anche collettiva e di gruppo dove essere in un cerchio significa essere attorno a un fuoco, significa essere tribù, significa essere con padri e madri sagge, padri e madri saggi di figli che sono i figli che stanno nascendo in questo cerchio.

E dentro questa cosa è come se noi dobbiamo andare a guardare le nostre radici e le dobbiamo tra virgolette ‘purificare’. E quello che toccherete in questi giorni sarà la curiosità, la paura, la rabbia, la tristezza, il dolore ahhh il sentimento di essere stati fra virgolette ‘sconfitti’ ma anche la forza di uscire da quella sconfitta per trovare la direzione.

Ora io voglio chiedervi di chiudere i vostri occhi e di andare al momento in cui avete scelto di essere in questo cerchio, qual è stata la spinta che mi ha portato ad essere qui, quali sono le cose per le quali ho scelto di esserci. E nel momento in cui ho scelto, come mi sono sentito. E guardo il momento in cui ho chiuso alle mie spalle la porta della mia casa, ho salutato le persone che fanno parte della mia vita. E vado a quel momento in cui ho varcato la soglia di questo spazio e ho messo piede in questa terra, quali sono le mie aspettative e quali sono le mie paure. E vado indietro nel tempo al tempo in cui per la prima volta sono entrato in un cerchio, nel mio primo seminario, vado al giorno in cui ho incontrato arkeon, quali erano le cose chi io mi aspettavo e quali cose ho incontrato.

Guardo anche chi era la persona che ho portato in quel primo seminario, quali erano i miei valori, quali erano le cose per cui io avevo combattuto, quali erano i miei desideri, le mie illusioni, qual’era il mio modo di rapportarmi alla mia vita, alla realtà e al mondo e guardo quello che è accaduto in questo tempo, guardo quello che in questo tempo è avvenuto, ma guardo anche come nel mio cuore ho incontrato una direzione che non conosco, ho incontrato una strada, e porto la mia attenzione su queste mani che sono nelle mie mani e guardo per quanto tempo ho desiderato di avere nelle mie mani le mani di qualcuno di cui io potessi fidarmi. Avrei voluto fossero le tue, padre, o le tue, madre. Ma guardo anche una ferita profondissima e una sorta di solitudine. E guardo anche una parte sacra nel mio cuore dove ho sentito muovere la spinta di una cosa che posso chiamare spirito, dove questa spinta mi porta a essere concreto, vero, a essere dentro la mia storia, ed è la stessa spinta che mi porta a lasciare alle mie spalle un cuore di pietra per incontrare un cuore di carne. (…)

Il video si interrompe e riprende inquadrando il Moccia che accende una fiaccola dal piccolo fuoco che arde al centro del cerchio. I partecipanti stanno lasciando uscire un suono che dovrebbe essere il canto della loro anima, che hanno trovato in fondo al loro essere guidati, sempre ad occhi chiusi, dalla voce del Moccia. Il tenore di questo canto cambia, può essere armonico, come in questo caso, o assolutamente cacofonico, pieno di urla di dolore e di rabbia, a seconda di quello che il Moccia suggerisce durante la visualizzazione guidata. Il Moccia comincia a girare nel cerchio con la fiaccola accesa in mano. (41:53)

Ora rimarremo con gli occhi chiusi. Il significato degli occhi chiusi, il significato degli occhi chiusi è misurare la mia capacità di affidarmi. La parte più difficile, ed è la parte che noi abbiamo dimenticato nella nostra storia, è la capacità di avere una guida, un maestro. Quello a cui siamo stati abituati è quando qualcuno ci dice qualcosa è chiederci perché, non è così, oppure io voglio fare di testa mia. Questo è anche giusto, però so che dovrò anche prendermi la responsabilità dei risultati.

Io guardo la mia ribellione a mio padre e oggi guardo la mia obbedienza a mio padre; guardo la mia ribellione a Dio, e guardo la mia obbedienza di oggi e dico grazie per questo mistero, posso permettermi che tu mi prenda per mano e che mi guidi.

Ora simbolicamente faremo una cerimonia nella quale ciascuno di voi dovrà tenere stretta la mano della persona che è davanti a voi, ma anche stretta quella della persona che vi segue e dovrete avere il coraggio di lasciarvi portare. Qualche volta incontrerete degli ostacoli, ci sbatterete la testa contro, è tutta esperienza. Rimanete con gli occhi chiusi e, come dicevano gli antichi, che Dio ve la mandi buona. Qualche volta anche nella merda."

In questo video si vede chiaramente come i partecipanti, cui è stato ordinato di tenere gli occhi chiusi, vengano tirati a camminare facendo lo slalom pericolosamente vicino alle grosse candele poste a terra, col rischio di bruciarsi o incendiare gli abiti. Una persona, infatti, ci cammina sopra (48:52). Dopo aver fatto girare un po’ la gente, il Moccia, che conduce la fila tenendo in mano una torcia, li fa fermare e li sistema in modo che ognuno abbia davanti qualcuno.

Moccia: "Ora potete fermarvi dove siete. Andate più indietro, più indietro, più indietro, più indietro, più indietro, più indietro, più indietro, un poco più indietro. Oh! Ohhh! Potete fermarvi dove siete (51:29). E quello che voglio chiedervi è di guardare cosa avviene dentro, di guardare se vi siete fatti accompagnare o se c’è stata resistenza o paura. Guardate come il senso di minaccia ha il potere di guidare la vostra storia, la vostra vita. "

Da notare che le persone non hanno gli occhi aperti; comincia una delle numerose visualizzazioni guidate che Moccia usa spesso, suggerendo ai partecipanti le emozioni che dovrebbero provare).

Moccia: "Dove qualunque cosa sia, io non so se posso fidarmi. Però se non posso fidarmi io non avrò neanche risultati, per la mia storia. E quando guardo la mia storia guardo come questa storia qualche volta è scialba: poca gioia, poca bellezza, poco amore. Il desiderio è forte, la spinta è forte, però io non mi smuovo da ciò che penso di me e del mondo, non sono capace di andare oltre, non sono capace di dire sì.

E allora vivrò il mio piccolo mondo, con le mie piccole soddisfazioni, le mie piccole illusioni, le mie piccole paure, la mia piccola vita e continuerò a farmi male. La domanda che sale è “come posso fare per potermi fidare?” La risposta è che la fede non si compra al mercato, ma è qualcosa che uno sente dentro quando è pronto, quando l’anima risuona e la vita si apre. Fino a quel momento, quel che guida la nostra storia è la paura, che è la paura di essere feriti, è la paura di essere abbandonati, è la paura di essere traditi, come lo siamo già stati. Un giorno scopro che la mia vera paura è quella di essere amato, la mia vera paura è quella di scoprire la grandezza che c’è nel mio cuore, la mia vera paura è di scoprire chi sono."

Da notare al 55:47 che già questa ‘visualizzazione emotiva’ comincia ad avere i suoi effetti su alcuni partecipanti.

Moccia: "Nel frattempo, quello che ho fatto è aspettare. Il mio invito per voi, ora, è mettere di fronte a voi la vostra vita. E guardatela, ma soprattutto guardate una cosa che si chiama solitudine."

Panoramica sui volti di alcune donne. Verso il min. 57:30 ne vedremo una piangere sommessamente.

Moccia: "Lascio scivolare davanti ai miei occhi il volto delle persone che ho incontrato, le persone con cui ho avuto una relazione, e la domanda che ho nel mio cuore è se io veramente ti ho incontrato. E scopro che io non potevo incontrarti perché non avevo ancora incontrato me stesso, non potevo vederti perché non avevo ancora visto me stesso, non potevo amarti perché non riuscivo ancora ad amare me stesso, non potevo conoscerti perché non conoscevo ancora me stesso. E guardo come un giorno, nella mia vita, forse è arrivata una luce, ed è la luce che mi ha aperto gli occhi, che mi ha permesso di vederti. Quando vedrete una luce davanti ai vostri occhi, allora li aprirete per incontrare l’altro."

Moccia prende in mano la torcia, che durante la visualizzazione guidata aveva lasciato ardere su un supporto, e comincia il giro fermandosi davanti ad ogni partecipante cui agita la torcia davanti al viso. A quel segnale, il partecipante apre gli occhi e si trova faccia a faccia col Moccia che lo guarda intensamente negli occhi e, a volte, gli mormora frasi ad effetto (tipo ‘bentornato a casa’, ‘ce la faremo’ ecc. – questo lo so perché sono state dette a me personalmente e immagino che anche altri ne abbiano sentite di simili).

(59:45) Qui si nota la posizione delle persone. Il cerchio non è chiuso. Si vedrà a breve che il Moccia prenderà una torcia e, iniziando da una delle estremità della fila (quella che comincia con sua moglie o, in mancanza, con uno dei suoi maestri più fidati) inizierà il giro posizionandosi davanti ad ognuno dei partecipanti. Chi apre gli occhi alla vista della maggiore luminosità causata dalla torcia davanti al viso, dopo essere stato ‘occhi negli occhi’ col Moccia, si troverà ‘occhi negli occhi’ con tutti quelli che lo seguono fino ad esaurimento delle persone.

Si può notare come, soprattutto all’inizio, il Moccia sussurri frasi di benvenuto e di buon lavoro ai partecipanti (ma anche più esplicitamente affettive tipo il ‘ti porto nel cuore’ che viene sussurrato ad un uomo al 1:12),che all’inizio della catena umana sono prevalentemente i maestri iniziati da lui.

Potrebbe sembrare un esercizio ‘leggero’, ma si nota come già molta gente cominci a piangere (1:14) o manifestare uno stato emotivo sovraeccitato.

Le persone all’inizio e alla fine della fila sono sempre maestri iniziati dal Moccia perché anche all’interno del cerchio c’era una precisa gerarchia per quanto riguarda i posti occupati alla destra e alla sinistra del Moccia che era, come comprensibile, il punto più importante della circonferenza.

La fila finisce proprio davanti alla porta del tempio, dimodoché chi arriva alla fine possa lasciare andare la mano di chi lo precede ed entrare a prendere posto nel tempio. Come si può notare, l’ambiente è accuratamente allestito per creare una certa atmosfera: illuminazione a candele, altare entrando sulla sinistra, accessori che dovrebbero indurre una miscellanea di suggestioni con richiami etnico-tribali agli indiani d’America (tamburi in pelle con disegnini di bisonti alle pareti, il teschio di qualche animale in mezzo al triangolo al centro), alla tradizione nipponica (il triangolo è formato da catane in legno da addestramento, lenzuolino con il disegno di un ideogramma che dovrebbe significare ‘reiki’ appeso dietro alla sedia del maestro, riconoscibile anche dal fatto che è l’unica coperta da un drappo bianco), gong di non trascurabile dimensioni che servirà a scandire, fra gli altri, alcuni momenti clou degli esercizi più violenti che avranno luogo durante i giorni successivi e altri che si vedranno man mano.

Fra i ‘pezzi forti’ vi è la statuina che si nota alla base del triangolo formato da catane e ceri al centro della stanza: chiamata Penelope (forse troviamo in questo nome un qualche richiamo mitologico?), col suo ventre cavo e pieno di appuntiti cristalli violacei – è un geodo d’ametista – risveglia e catalizza facilmente i vari ‘processi’ delle donne e/o che coinvolgono le donne – madri, compagne, sorelle ecc ecc -.

Si ringrazia per la seguente trascrizione l'utente Tiresia del forum CeSAP per il tempo dedicato e la grande pazienza (bit.ly/​gGbVTs). E' un operazione molto utile ai fini della ricerca criminologica, per il lavoro degli inquirenti e per tutti quanti, vittime degli abusi psicologici della psicosetta Arkeon vogliano rielaborarne il vissuto.

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