giovedì 17 febbraio 2011

Arkeon - Seminari intensivi (VHS 6)

Arkeon - Seminari intensivi (VHS 6) from arkeon on Vimeo.


Esercizio del cercare il proprio albero e del cercare un oggetto che 'mi rappresenta'


Dopo il ki training si va a fare colazione. Dopo colazione ci sono una ventina di minuti/mezz’ora di tempo libero e poi i partecipanti si radunano nell’uliveto dietro al tempio, l’uliveto dove è stato predisposto il fuoco sacro. Proprio intorno al fuoco sacro si forma il cerchio dei partecipanti.

(0:01:38) Moccia: contatevi.

I partecipanti si contano. Sono una settantina. A giudicare dall’ombra che le persone proiettano a terra, dovrebbero essere circa le 13 o le 14.

(0:03:49) Moccia: Oggi nel pomeriggio cominceremo una parte di lavoro profonda e stamattina dobbiamo completare una parte importantissima della nostra storia, dove incomincia il viaggio e in realtà il viaggio è il viaggio della propria anima e la ricerca della direzione, ma è anche la capacità di entrare in uno spazio più profondo di solitudine che mi permette di riconoscere la direzione.

Infatti quello che noi facciamo è, fra virgolette, uniformarci al collettivo. Da un lato per non sentirci soli, dall’altro lato perdendo la direzione.
Ora, in questo viaggio voi avrete un alleato, un compagno di viaggio. Quando io ero bambino c’era una casa di campagna, che era la casa della sorella grande di mio padre (0:05:15) e in quella casa c’era un albero di gelso e io ho trascorso molti anni, i tre mesi di estate, tra i rami di quel gelso. Mi ero costruito la mia casa su questo albero fatta con le assi di legno e mangiavo i gelsi, infatti io ricordo che ero sempre completamente rosso, e dentro quell’albero di gelso ho lasciato un pezzo della mia anima, ma il sentimento è di ringraziare quell’albero per il dono che mi ha dato, che è il dono delle radici, della forza, ma anche della -mi sta salendo una parola- della preghiera.

Io, quando guardo questi alberi, il sentimento è che sono in preghiera e dove la preghiera non è (Moccia unisce le mani davanti a sé) blabla blabla blabla, ma è ascoltare la presenza del sacro che c’è nel canto delle cicale, nelle foglie di questi alberi e in questa terra ed è vivere accanto a Dio o permettere a Dio di vivere accanto a me.

E allora in questa cosa noi diventiamo chiari, la nostra storia prende una direzione. Ecco perché dal mondo voi siete arrivati attorno a questo fuoco e di qua partirete alla ricerca, tra virgolette, del vostro albero. Il vostro albero sarà quello spazio sacro al quale voi al quale voi attingerete, al quale voi andrete; sarà la vostra tana segreta, sarà lo spazio del vostro silenzio interiore, sarà il posto dove andrete a trascorrere mezz’ora nelle notti che verranno.
E sarà lo spazio che incontrerete perché in realtà quell’albero vi rappresenta: le sue radici sono la vostra connessione con la terra, il vostro tron il suo tronco è il vostro corpo, i rami e le foglie sono i frutti, sono anche le vostre braccia rivolte al cielo.

Il nostro compito non è essere spirituali, il nostro compito è diventare carnali, cioè essere nel mondo, essere tempio e quando voi fate la comunione voi mangiate il corpo e bevete il sangue, non prendete lo spirito ma mangiate il corpo e bevete il sangue, più carnale di questo credo non ci sia nulla.
Gilberg (? Non capisco il nome) diceva ‘voglio tornare al corpo nel quale sono nato’ e quando Dio ci ha creati, la prima cosa che ha creato è stato il nostro corpo e poi ha soffiato la vita.

Il vostro albero è la rappresentazione della vostra storia, infatti l’atteggiamento non è ‘ma quello è più bello di quell’altro, lo voglio’ ma vi sentirete attratti, sentirete che quello è il vostro spazio, per cui lasciatevi guidare da ciò che sentite e andate verso.
Quando sarete al vostro albero, saliteci sopra, abbracciatelo, entrateci dentro, fermatevi sui suoi rami, accarezzate le sue foglie, assaggiate la terra, sentitene la forza, cioè incontratelo.

Il vostro albero in questi giorni sarà la traccia, sarà il punto di riferimento, sarà la solidità che vi servirà per entrare nell’inferno che incontreremo da oggi pomeriggio. E sarà il sapere che, che è un filo, dove voi entrate nel labirinto, andrete a sfidare il drago e il drago è la vostra parte oscura e la memoria profonda che ha generato il dolore. Sono gli altari da frantumare perché sono gli altari dell’inganno e della separazione dalla bellezza. (vedremo poi con che facilità la creazione di queste memorie profonde e di questi ‘altari dell’inganno’ venga attribuita ai genitori).

Da notare il modo e le parole con cui viene presentato il ‘lavoro’ che si farà successivamente e che comprende ‘no limits’, ‘esercizi delle sedie’, ‘grotta dei leoni’ e varie che avremo il privilegio di vedere con i nostri occhi nei video seguenti – niente più racconti di testimoni denigrabili, ma parole, azioni e teorie del ‘maestro’ Moccia apprese dalla sua propria bocca!

Moccia: direte anche allo Spirito (!) di mostrarvi un oggetto e raccoglietelo, questo oggetto. Questo oggetto può essere una pietra, un filo d’erba, una lattina di coca cola o una qualsiasi cosa, una foglia, un ramo, un tronco, boh, un pezzo di ferro, una rete o altro perché quello sarà l’oggetto che vi rappresenta e tornerete qui con questo oggetto. Poi vi dirò quello che faremo.

Ora possiamo chiudere i nostri occhi e chiedo allo Spirito di guidarmi al mio albero e di mostrarmi la strada perché io possa giungere ad essa. E chiedo allo Spirito di offrirmi un oggetto che mi rappresenta; lo incontrerò lungo la strada mentre vado al mio albero o al ritorno o addirittura vicino al mio albero.
Ora posso lasciare queste mani e posso girarmi verso la campagna. Al suono del tamburo tornerò indietro, per cui potete andare verso la campagna e andatevi a cercare il vostro albero. Tornerete con l’oggetto che vi rappresenta.

(0:12;12) I partecipanti vanno. Varie inquadrature di ciò che fanno i partecipanti. Voce del Moccia che chiacchiera con qualcuno. Dice qualcosa in dialetto.
(0:15:05) Moccia batte sul tamburo e chiama a raccolta i partecipanti che tornano a riunirsi intorno al fuoco e formano di nuovo un cerchio prendendosi per mano. Moccia parla camminando all’interno del cerchio.


Moccia: Avete con voi l’oggetto che vi rappresenta. Ora divideremo il cerchio in gruppi e faremo dei piccoli cerchi nel prato accanto al tempio e quello che farete sarà condividere la vostra storia: Io sono – il mio nome – l’esperienza dell’incontro con l’albero è stata questa, l’oggetto che mi rappresenta è questa rete dove c’è all’interno una parte più compatta e il resto è sfrangiato e rappresenta una parte solida dentro ma anche una dispersione all’esterno che è stata la mia vita e insieme a questa rete c’era un tronco dove ci sono due rami. Uno è liscio e giovane, l’altro invece è ruvido ed è bucato ed è vecchio. E sono le due parti della mia anima: c’è una parte di me dove c’è la forza, ma c’è un’altra parte che sembra prevalente, che è la mia parte vecchia.

Condividerete l’oggetto che avete mettendoci voi stessi dentro. Fatelo tenendolo nelle vostre mani. (Moccia butta l’oggetto che aveva in mano nel fuoco) Poi alla fine di questa cerimonia chiuderete i cerchi e andrete a lasciare l’oggetto che vi rappresenta nel fuoco che c’è alla pedana perché saremo da quella parte.

(0:18:18) Moccia chiama all’interno del cerchio alcuni suoi maestri che condurranno i sottogruppi: S., R., S., G. (che è fra gli indagati), I. (moglie di uno degli indagati). Uno, due, tre, quattro, cinque, cinque (taglio nel video).

Moccia: … cercheremo di mostrarvi, anzi io condividerò con loro il segreto della maestria. Come si fa ad avere degli allievi? Imparate a sedurre (… non capisco) siate, arruffianateveli, cercate di arruffianarli in tutte le maniere … fategli pensare che con voi possono trovare la verità, è tutto falso però ci crederanno per cui vi seguiranno. Andate. Ho trasmesso il segreto della saggezza. Ops. Ora i maestri mostrano le loro doti. (taglio video).


I maestri girano intorno al cerchio facendo lo spettacolino. Fra loro, anche la moglie del Moccia, indagata insieme al marito.


Moccia: Ora prendete posto. Le persone hanno già un’idea chiara di chi vogliono seguire, per cui sceglietevi la persona con cui vi sentite …. (taglio nel video).


I partecipanti si allineano in fila indiana dietro al maestro che condurrà il gruppo di cui vogliono far parte. Moccia sposta qualcuno da un gruppo all’altro. (dal 0:20:24 al 0:22:26)

(0:22:27) Moccia: la cosa che farete sarà andare davanti dove c’è il prato e farete il cerchio, unite le mani, canto di apertura e partite col lavoro.


[i]Questi sono gruppi di autocoscienza che venivano condotti da gente senza alcun titolo valido (nell'ambito specifico della psicologia e psicoanalisi) e impreparata a gestire le dinamiche di gruppo (idraulici, estetiste, casalinghe ecc). La sola preparazione di questi ‘conduttori’ era quella che Moccia aveva loro fornito nel percorso di conseguimento del ‘titolo’ di maestro di arkeon.

Moccia: vorrei qualche persona in più in questo gruppo. (0:22:50)

(0:22:46) Da qui si ascoltano brani di condivisioni di partecipanti che io non trascriverò. All’inizio dei lavori di gruppo, i partecipanti intonano il canto, lasciano uscire il suono della loro anima.

Anche all’interno di questo ‘lavoro’ si possono notare persone che piangono. Da tenere presente che queste persone sono reduci dall’esperienza del ki trainig che hanno attraversato solo due o tre ore prima. La loro emotività è già ben eccitata.

(0:34:23) si sta concludendo il lavoro dei cerchi. Moccia: (a un gruppo) Avete finito? Chiudete il cerchio e andate a farvi la cerimonia al fuoco. Avete chiuso il cerchio? Portate questi oggetti al fuoco.

Alla fine del video si vede che gli oggetti vengono posti all’interno di un triangolo formato da katane in legno e ceri, allestito sulla pedana di fronte al tempio.

Arkeon - Seminari intensivi (VHS 5)

Arkeon - Seminari intensivi (VHS 5) from arkeon on Vimeo.

Gli esercizi del ki training venivano svolti uno dietro l’altro senza soluzione di continuità per circa 4 ore. Dopo di che i partecipanti potevano andare a fare colazione.

Continuano le riprese del ki training del primo giorno, esercizio di respirazione forzata. Vengono filmate ancora alcune scene di partecipanti che stanno male, si sentono forte e chiaro pianti e lamenti.

(1:24:08) Vengono inquadrati i partecipanti ancora stesi a terra dopo la fine della respirazione forzata; si sentono ancora colpi di tosse e conati.
Moccia: (cammina fra le persone sdraiate) … e uso la mia coscienza per osservare ciò che avviene nel corpo, e lascio il mio corpo abbandonato alla forza di gravità della terra e osservo cosa avviene dentro il mio corpo. Posso vedere se ci sono, usando la mia coscienza, delle tensioni o se sento una specie di onda, di vibrazione che scorre e la lascio scorrere.
I miei occhi sono chiusi, il corpo è pesante abbandonato alla forza di gravità della terra. (1:25:24 - dice qualcosa tipo nake sobai ?) colgo l’onda sacra e … (taglio nel video).
Moccia: … dove la mia coscienza è focalizzata all’interno del corpo (taglio nel video) … il respiro è dolce e morbido … (non capisco) e abbandonato alla forza di gravità della terra. (taglio nel video) e uso la mia coscienza per osservare …

(1:27:02) ci sono vari tagli nel video, si colgono alcuni brani di meditazione guidata condotta dal Moccia. Viene inquadrata una donna che piange durante questo esercizio.

Moccia: ascolto i suoni che giungono dal mondo e scopro che nel canto delle cicale è mescolato anche il canto degli uccelli. E mentre ascolto i suoni che giungono dal mondo porto la mia attenzione a due sensazioni fisiche del tatto, la carezza del vento sul mio viso, il calore del sole … (taglio video) … e dentro questo corpo ci sono io … e ascolto il canto degli uccelli, il canto delle cicale … e lascio entrare un pensiero: io sono vivo. Ora. Io sono vivo. (taglio video).

(1:29:16) i partecipanti si mettono a sedere e cominciano ad alzarsi in piedi. L’esercizio non è però ancora finito. Moccia continua a camminare fra i partecipanti parlando.

Moccia: il mio sguardo è attorno. Lentamente comincio a muovere … (non capisco) Posso guardarmi intorno. E guardo come tra me e il mondo c’è stata una distanza, tra me e questo miracolo che si chiama vita c’è stata una distanza. Quello che vi chiedo è di sperimentare i vostri occhi per vedere, le vostre orecchie per ascoltare, le vostre mani per toccare. E posso accarezzare la corteccia di un albero o una foglia o questo muro antico (i partecipanti si muovono per andare a cercare qualcosa da toccare). Tengo dentro di me le mie (sensazioni? Informazioni?)
A una domanda che ho nel mio cuore è: dove sono stato? La risposta è una: è vivo (?) Tagli video.

Qui i partecipanti sono stati introdotti ad un altro esercizio. Si vedono vagare per lo spazio davanti al tempio con gli occhi rivolti verso terra.

Moccia: … in questo c’è il segreto della mia solitudine perché i miei occhi non hanno mai visto e le mie orecchie non hanno mai ascoltato.

Ora, io prego di seguire attentamente quello che dice il Moccia e tenere ben presente che le persone a cui lo dice sono già emotivamente molto scosse dagli esercizi precedenti, in primo luogo da quello della respirazione forzata.

(1:32:53) Ora mi fermerò di fronte a te, per la prima volta, chiunque tu sia. E rimango col mio sguardo alla punta dei miei piedi. Fermatevi l’uno di fronte all’altro. Questo è il modo con cui io ho vissuto la mia relazione con te, madre. Questo è il modo con cui ho vissuto la mia relazione con te, padre. Questo è il modo con cui io non ho vissuto. Guardo come in fondo mi sono isolato dentro il mio mondo dove qui, fra la punta dei miei piedi, c’è il mio dolore; (cominciano a sentirsi pianti di qualche partecipante) e io ho avuto il coraggio di guardare soltanto quello, perché quel dolore mi difendeva dalla vita, quel dolore mi separava da te (… mio signore? Non capisco bene) dove io ho disonorato il tuo dono perché non l’ho visto, non l’ho riconosciuto. (taglio nel video).
… sono mani che non si sono mai riconosciute (Moccia prosegue con l’esercizio. I partecipanti sono stati invitati dal Moccia a solletare le mani davanti a loro con i palmi rivolti verso l’alto. Hanno tutti ancora lo sguardo rivolto verso il basso, ma adesso al posto della punta dei loro piedi, guardano le loro mani.Vengono via via inquadrati partecipanti che piangono) e io e te siamo rimasti separati e guardo la distanza che c’è tra me e (… non capisco) (taglio video).

(1:35:36) … fra le mie mani, io sarò rifiutato o non ne sono degno perché sono sbagliato, o ne ho paura.
Per conoscerti per la prima volta (i partecipanti sono stati invitati ad appoggiare, a turno, le proprie mani su quelle di colui/colei che hanno davanti. Alcuni partecipanti piangono. Durante questi esercizi, prima o poi piangevano quasi tutti.) Avrei voluto avere queste mani nelle mie mani quando ero di fronte a te, padre (taglio video).
E’ arrivato il momento di chiudere i miei occhi e ascolto queste mani e lascio scivolare un pensiero: io sono vivo,… (taglio nel video)

Moccia: io sono vivo

Tutti i partecipanti: io sono vivo (nel pezzo di video tagliato Moccia ha, con tutta probabilità, invitato i partecipanti a dire questa frase ad alta voce perché, durante gli esercizi, i partecipanti eseguivano quello che gli veniva detto di fare, non prendevano l’iniziativa di pronunciare frasi se non espressamente invitati a farlo da Moccia).

Moccia: porto il mio sguardo alla terra e lentamente, lentissimamente, posso sollevare il mio sguardo ai tuoi occhi, posso vederti per la prima volta (1:37:34 - Moccia dice qualcosa, ma l’audio è molto disturbato. Si sentono invece chiari e forti i singhiozzi di qualche partecipante).
E guardo … è stata la nostalgia di non aver fatto in tempo ... E lascerò il mio sguardo nei tuoi occhi e farò un passo indietro per riprendere il mio cammino. E scopro che da quella nostalgia ho cercato il mio diventare adulto. Posso guardarmi attorno, posso guardare il colore delle foglie degli alberi, l’azzurro del cielo.
E da un lato guardo il mio senso di colpa, che è quello che ho imparato, dove questo senso di colpa mi ha fatto sentire sbagliato e mi ha separato da te, padre, mi ha lasciato … (taglio vieo)
Ora posso portare il mio sguardo alla terra e guardo lì di fronte a me, la mia piccola vita. Di fronte a me guardo le mie paure, di fronte a me guardo i miei bisogni, di fronte a me guardo (… non capisco) quello che guardo è che tutta (l’attenzione?) è stata alla mia piccola vita, al mio piccolo dolore, alle piccole ferite, alla mia rinuncia a te.
Esiste una cerimonia sacra con la quale … (taglio video)

Il video riprende inquadrando Moccia che si abbassa a raccogliere da terra qualcosa che poi tiene nelle mani alzate davanti al suo petto,unite e col palmo volto verso l’alto. Dalle sue parole, si evince che ciò che ha raccolto, simbolicamente, è la sua ‘parte piccola’.

Moccia: … e lo posso guardare. Potete raccogliere con le vostre mani questa parte piccola. (I partecipanti eseguono). La domanda che ho nel mio cuore è: quanto sono disposto a rinunciare a ciò che io so?

Da notare che la re-interpretazione e ri-creazione del passato personale alla luce delle credenze della setta è una pratica tristemente diffusa nelle psicosette. In questi video si vede chiaramente come Moccia conduca i partecipanti ad interpretare le loro storie secondo quello che lui crede (vedere le varie teorie padre-madre-pedofilo).

Esiste un solo modo per rinunciare a ciò che so: è offrirlo a te. E solo il grande coraggio che mi permette di … (la voce di Moccia è coperta dai singhiozzi di un partecipante) … perché fino ad ora il mio capo è stato chino alla terra … (non sento bene).
Posso decidere quando sarà il mio tempo … (taglio video).

Moccia continua a camminare fra i partecipanti tenedo le mani aperte e girate verso l’alto come se portassero qualcosa (in realtà sono vuote). … e quando ti guardo apro i miei occhi. E nel mio cuore guardo il sì che non ho mai detto (taglio video) …
… parola sacra che è ‘padre’ (1:45:27), posso pronunciarla guardando questo cielo azzurro.

I partecipanti guardano il cielo e pronunciano la parola ‘padre’. Taglio video. Riprende il filmato inquadrando i partecipanti che si muovono uno verso l’altro perché invitati dal Moccia – ripeto, durante gli esercizi nessuno prendeva iniziative personali ma tutti eseguivano le direttive del Moccia. Infatti, si sente la voce di chi conduce il gioco dire:

Moccia: posso prenderti per mano (1:46:33) e quello che faccio … (taglio nel video)
Moccia: … sarà offrirti il mio nome. Io sono … I partecipanti dicono il loro nome (con la formula indicata da Moccia) a chi hanno davanti. Finito l’esercizio vengono invitati a riprendere i loro posti. Taglio nel video.

(1:47:40) Durante l’esercizio qui filmato, i partecipanti provano ad applicare le ‘leggi del ki’ che sono state loro precedentemente spiegate dal Moccia. L’esercizio si fa in due e ci si alterna. Chi sta fermo deve applicare una delle leggi del ki per rimanere nella posizione in cui è. L’altro cerca di fargli cambiare posizione esercitando una pressione sul petto oppure spingendolo. L’aiutante F. da indicazioni ai partecipanti.

(1:50:22) Moccia: Questo lavoro sulla resistenza vi serve per guardare due atteggiamenti della nostra vita: quando qualcuno viene verso di noi, la prima cosa che avviene è che noi ci sentiamo minacciati. Infatti, la prima cosa che avviene quando un uomo si avvicina a F. (partecipante donna), che F. sente che i muscoli si irrigidiscono - Moccia si avvicina a F. e le chiede: è vero? – questa cosa viene in automatico, cioè c’è resistenza. Significa ‘io non ti lascio entrare’. Cosa succede quando voi dovete fare una siringa? Siete tesi, (taglio nel video) … infilare una supposta e vedete quanto male fa, per cui, per evitare di farvi male no resistens (scritto così come lo dice). Taglio nel video.

Moccia esercita una pressione sul petto di un partecipante per saggiarne la resistenza: … la resistenza. Dimmi ‘tu non mi avrai’ (il partecipante lo dice) e combattiamo, no? Ci sono due forze che vanno una contro l’altra e questa cosa non funziona. Infatti di fronte a questo, io non dico ‘tu non mi avrai’, io l’accompagno; se lui tira io vado verso di lui, se lui spinge lo accompagno. Ora, cioè, quale forma prendo? Quella della direzione del mio partner. Infatti le cose nella vostra vita non hanno funzionato perché voi avete vissuto due forze che andavano una contro l’altra, cioé avete dimenticato una capacità che è quella di cambiare l’energia. Accogliere e trasformare.

Ora, esiste una parte inconscia, però, dove uno dice ‘ma io non resisto’ e la resistenza si muove sul piano dell’inconscio. Infatti, quando io ho cominciato il mio lavoro, ho cominciato il mio lavoro dal culo, c’avevo un dolore alla schiena e camminavo così, camminavo (1:52:38). Le gambe erano rigide e le chiappe erano di acciaio. Dicevo cazzo che bei muscoli che ho, no era tensione, cioè i muscoli erano duri.

Ora, prova a fare una cosa, no resistance però stringi il buco del culo (dice rivolto al partecipante. Lo spinge appena sul petto e il partecipante indietreggia). Moccia: no power. Per cui quando avviene uno spazio inconscio, spazio inconscio, è come se voi somatizzate su una parte del corpo la resistenza ma questo vi rende deboli, deboli. Per cui quando fate questo lavoro resistance- no resistance non siamo ancora al lavoro sul rilassamento ma stiamo esplorando due condizioni: una in cui io accolgo la spinta e la lascio entrare, e lascio entrare l’altro, si chiama fiducia, e l’altra è ‘non mi avrai’. Per cui sperimentati in una, resistance. Ora andiamo dall’altra parte, accogli la spinta e lasciala entrare.

Ora dobbiamo partire da questa condizione come base (taglio nel video) … adesso memorizzo non resistance, tolgo la resistenza, apri gli occhi, guarda tutti, lascio entrare. Adesso no resistance. Memorizza questa parte di non resistenza e porto il respiro qui, guardo un punto, no resistance. Ancora. (taglio nel video)

(1:55:05) Per cui quando sono nella non resistenza e nella centratura è come se l’energia che viene contro di me entra dentro e quindi rafforza e non mi indebolisce. (taglio nel video).

Moccia: Ora quello che farete sarà portare l’attenzione da un’altra parte. Al posto di essere qui (Moccia indica il punto del ki) vado qui (indica il punto in mezzo alla fronte – terzo occhio). Guarda la cima di quell’albero. Quello che vedrete è la differenza fra l’una e l’altra. (taglio nel video) Ora questo è l’esercizio che dovete fare col vostro partner. (taglio video).

(1:56:14) vari spezzoni brevi di video che inquadrano i partecipanti mentre svolgono gli esercizi.

(1:58:10) Moccia: Ora bastano due parole e l’altro perde il potere e riuscite a mandarlo in una condizione di senso di minaccia, senso di colpa … (non capisco). La resistenza non è soltanto fisica ma è anche psichica. Per voi è soprattutto psichica perché il conflitto non è fisico ma è di relazione. Il nostro compito nel quotidiano è nell’interno delle relazioni … (non capisco). Eh, puoi venire? (chiama un partecipante e prova la sua resistenza esercitando una pressione sul petto).
Moccia: metti insieme due dita, stringi con forza …
(1:59:50) Moccia: Ora, esiste una relazione tra la vostra vita fisica e quella psichica … (non capisco) prima legge: essere qui; seconda legge: rilassamento completo; (taglio nel video).

(2:01:10) sta spiegando le leggi del ki, la terza legge è: portare il peso in basso.

Moccia: quarta legge: estensione del potere personale.

Qui Moccia fa vedere quali sono le varie cose che possono far perdere la concentrazione, l’essere nel ki, nel centro del proprio ‘potere personale’. Varie dimostrazioni con vari partecipanti fino alla fine del video.

Arkeon - seminari intensivi (VHS 4)

Arkeon - Seminari intensivi (VHS 4) from arkeon on Vimeo.

Posto due link dove si possono trovare le descrizioni da me fatte dell'intensivo e alcuni interventi esplicativi di certi esercizi, molto interessanti, postati da Carlo. I link rimandano alle pagine 8 e 9 del topic 'Teorie e tecniche di arkeon'.

inizio descrizione intensivi
intervento di Carlo sul canto – pag.9 descrizione ki training e descrizione effetti respirazione forzata - iperventilazione

(continua dal VHS 3) Siate l’uno di fronte all’altro e quello che direte all’altro è ‘io sono qui per o perchè ‘ (interruzione video che riprende poco dopo) io sono qui per perdonarmi, io sono qui per lasciare mia madre. Sceglietevi una persona e andate ancora più profondamente nella motivazione per la quale siete qui.
Un pezzo della mia storia. Posso riprendere il mio cammino e per un momento vado, vado (…) qual è la mia paura (02:26). ‘La mia paura nell’essere qui è … ‘ vado nelle (…) che ho avuto (02:41). Se volete potete per un secondo chiudere i vostri occhi e lasciate lavorare la domanda dentro: ‘La mia paura nell’essere qui è ...’

La mia paura nell’essere qui è svelare a me stesso la mia illusione;

(notare come il Moccia, con questi ‘suggerimenti’ indirizzi le persone verso determinate ‘loro’ paure);

la mia paura nell’essere qui è scoprire di avere investito male la mia storia, la mia vita; la mia paura nell’essere qui è mettere in discussione ciò che sono.
Guardo qual è la mia paura nell’essere qui. Ora posso riaprire i miei occhi. Sceglietevi una persona a cui condividere ‘qual è la paura che ho nell’essere qui’. Siate l’uno di fronte all’altro. Sceglietevi una persona del cerchio e siate l’uno di fronte all’altro. ‘La mia paura nell’essere qui è…’
Quando parlate guardatevi negli occhi. La mia paura nell’essere qui è scoprire che se non svelo il mio segreto io non posso essere con te.

(Moccia comincia ad introdurre il concetto di funzione salvifica della confessione pubblica, elemento comune a molte sette. In arkeon la confessione pubblica veniva caldeggiata e sostenuta dal motto: ‘la verità vi rende liberi’).

La mia paura nell’essere qui è di non sentirmi pronto.
(06:46) Sceglietevi una persona dalla quale vi sentite minacciati, minacciati non significa soltanto che vi incute timore in senso oscuro, ma anche da una persona da cui vi sentite attratti e che non avvicinereste mai e condividete qual è la vostra paura nell’essere qui. Guardatevi attorno e dite ‘da quella persona io non ci andrei mai’ e andateci.
Ora per un momento mi osservo e guardo qual è la mia intenzione. ‘La mia intenzione nell’essere qui è …’

La mia intenzione nell’essere qui è chiarire la mia direzione e guardare la mia verità. La mia intenzione nell’essere qui è aprirmi all’amore. Guardo qual è la mia intenzione nell’essere qui.

Io voglio chiedervi di guardarvi.
In questi giorni piangeremo, soffriremo e rideremo insieme. Io vi auguro buon lavoro. Avrete anche tutti i sostegni per andare dentro tutto questo.
Ora prendetevi il vostro quaderno e la vostra penna e scrivete (taglio nel video).

Moccia dice di scrivere le domande che i partecipanti hanno formulato a voce sul quaderno. I partecipanti dovanno rispondere a queste domande per iscritto, sul quaderno.

(11:37) Sentite quella che risuona meglio per voi: ‘io sono qui per’ oppure ‘perché voglio’ ‘per …’ due punti; giro la pagina, ‘la mia paura nell’essere qui è…’ due punti; giro ancora la pagina e scrivo ‘la mia intenzione è …’
Ora avrete tempo fino a domani mattina, domani all’ora di pranzo per scrivere … per rispondere a queste tre domande.

Ora faremo un viaggio e poi andremo a cenare, andremo a salutare il fuoco; questo fuoco ci accompagnerà in questi giorni. Potete mettere via cartelline eccetera. La cartellina la potete lasciare in stanza da stasera … (taglio nel video – quando le immagini riprendono, vediamo che i partecipanti sono riuniti vicino al fuoco ‘sacro’).

(13:20) Moccia: … e dopo, anche dopo cena.

I partecipanti si dispongono in cerchio intorno al fuoco e si prendono per mano.

Moccia: non allargatelo troppo (il cerchio) rimaniamo più vicini. Il mio consiglio per voi è di non disperdervi, anche nei momenti in cui siete … tra virgolette ‘fuori dal lavoro’ stateci dentro. E se di notte vi svegliate, avete un pensiero, venite qui al fuoco.
Voglio chiedervi di guardarvi. Attorno a questo fuoco, in questi giorni, accadranno molte cose. Augh. Andiamo a cenare. (qualche partecipante dice ‘grazie’. Il cerchio si scioglie e la gente si avvia a mangiare).

(Dal 16:08 al 16:20 Moccia dice qualcosa a qualcuno a bassa voce. Io riesco a capire solo ‘è il terzo giorno’. Se qualcuno riesce a sentire meglio, per favore aggiunga.)

(0:17:09:11) qui cominciano le riprese del ki training e una voce, probabilmente quella della persona che ha effettuato le riprese, dice chiaramente a che giorno, mese e anno si riferiscono.

Voce: Intensivo, secondo giorno, 6 luglio 2004.

Ci troviamo nello spiazzo davanti al tempietto. I partecipanti sono già posizionati sulle coperte/materassini/asciugamani che si sono portati. Alcuni sono riusciti a trovare posto all’ombra, altri sono sotto il sole. Il ki-trainig comincia presto, di solito alle 8. Esserci è d’obbligo. Se qualcuno manca, il Moccia o uno dei maestri , troveranno il modo di esprimere un certo disappunto per quell’assenza. Solo i maestri possono non partecipare, se vogliono. Arriva Moccia canticchiando ‘Bonjour, bonjour’.

Moccia (rivolto a qualcuno): è stata dura stamattina, eh? Perché? Bello! (comincia a passeggiare avanti e indietro davanti al tempietto. Le persone si alzano in piedi).

Da notare come, nel discorso che segue, Moccia suggerisca precisi percorsi di pensiero ai partecipanti.

Moccia: Il lavoro che faremo, e lo faremo tutte le mattine, non è un esercizio fisico, ma è un lavoro che riguarda l’identità, la relazione mente/corpo, l’unità e da questa unità, ricerca del centro, cioè del punto di potere che ci permette di relazionarci al mondo.
Avere un potere non significa avere uno strumento per uccidere, non significa avere uno strumento per essere migliore di qualcun altro, avere un potere non significa poter utilizzare questo potere per soddisfare i proprio bisogni, ma semplicemente per essere se stessi, per non chinare il capo di fronte (…) avere il coraggio della verità, cioè per essere liberi.
Quando noi ci relazioniamo al mondo, le cose che noi facciamo e sale una domanda dentro: che cosa il mondo si aspetta da me, quello che il mondo si aspetta da me corrisponde a ciò che io sono e a ciò che io voglio. Se io realizzo ciò che io voglio, sono sbagliato; che cosa devo cambiare di me per essere come tu mi vuoi perché tu possa riconoscermi e possa amarmi. E allora quello che io guardo è che le persone crescono e diventano adulte vivendo in funzione degli altri.
Voi siete qui per imparare che nella vostra vita esiste una persona, la più importante di tutte, e siete voi. Siete voi con quello che sentite, con quello che pensate, con quello che avete nel vostro cuore, siete voi capaci di andare nella merda ma anche di risollevarvi da quella, siete voi capaci di toccare il dolore ma anche di comprenderne il significato.
Ecco perché quando noi lavoriamo sul ki, cioè sul potere personale, il vostro potere poi sarete voi a scegliere se metterlo a disposizione dei vostri bisogni o di quello che realmente siete.
Il vostro potere è anche il potere di dire sì o no, la vostra mente è abituata al forse, vediamo; questo non significa non avere una direzione perché una persona può anche evitare le risposte, ma avere il coraggio di prendere una direzione chiara è il nostro scopo. Essere chiari significa essere diretti, essere chiari significa onorare la bellezza, essere chiari significa anche sperimentarsi nell’essere veri.
Questo lavoro avrà una parte fisica, che serve alla centratura, serve a metter radici, e avrà una parte psichica, però parte fisica e parte psichica non sono scindibili fra loro. Infatti quando facciamo un lavoro sul potere personale, lo strumento più importante è la coscienza. Quando fate un movimento, questo movimento può essere vuoto, ma quando faccio un movimento, questo movimento può essere pieno se ci sono con la mia coscienza, per cui seguirete con l’attenzione il movimento del corpo e in quel movimento ci sarete voi. (0:23:56)

Esserci significa che se estendo in quella direzione, la mia intenzione va lì, la mia direzione è quella e mando l’energia. Lavoreremo sulle leggi del potere personale e lavoreremo individualmente ma anche in coppia, sul testare e sull’approfondire le leggi del potere personale.

La posizione da cui partiremo è il seiza (posizione estremamente scomoda e in breve tempo dolorosa per chi non è abituato ad assumerla. Provare per credere. Da notare anche per quanto tempo viene richiesto ai partecipanti di mantenerla).

Potete andare giù (i partecipanti assumono la posizione seiza). Due pugni affiancati sono la distanza fra le ginocchia. Le mani sono, le braccia sono morbide e rilassate qui. Controllate anche che le spalle siano rilassate e il tronco è dritto. Potete prendere un punto nel muro e creare un movimento di respiro circolare dove inspiro dal naso, inspiro dal naso, pausa, espiro dalla bocca aperta ed estendo. Quando estendo mando la mia energia in un punto davanti a me, sul muro. Pausa, inspiro; inspiro attraverso il naso e quando inspiro, seguirò il respiro all’interno del corpo, mandandolo giù sotto l’ombelico, quattro dita. Pausa, espiro con la bocca aperta ed estendo; inspiro, pausa, espiro ed estendo. L’inspirazione e l’espirazione sono lunghe (0:26:14) inspiro, pausa, espiro ed estendo.

Quando espirate, è bene che anche voi sentiate il sound, il suono dell’aria che dal vostro ki, passando attraverso il vostro corpo, arriva nel punto di fronte a voi. Inspiro, pausa, espiro ed estendo. Inspiro, pausa, espiro ed estendo (Moccia passeggia avanti e indietro fra i partecipanti. Si avvicina ora a questo, ora a quello dando consigli a voce bassa). Spalle, rilassa. Inspiro, pausa, espiro ed estendo. Inspiro, pausa, espiro ed estendo.

Nello za zen, questo lavoro andrebbe fatto nel dojo davanti a un muro. Ma sul muro vedreste un’ombra, che è l’ombra del monaco col bastone (da notare che Moccia passeggia fra i partecipanti con la katana di legno in mano!) il quale, per sostenervi nel momento in cui vede che c’è qualche tensione nel corpo, vi dava semplicemente una legnata. Noi saremo più blandi, sarete toccati quando c’è tensione. Controllate che il corpo sia completamente rilassato, il peso verso il basso e il respiro. Inspiro, pausa, espiro ed estendo.

Quello che verrà fuori è che potranno venir fuori dei dolori, ginocchie (dice proprio così!), caviglie, spalla. Potete mandar lì il vostro respiro se sentite questi dolori. Rilassati, apri (a bassa voce, ad un partecipante). Inspiro, pausa, espiro ed estendo. Curate la pausa tra la inspirazione e la espirazione. Espirare ed estendere non è soffiare ma è ahh (emette fiato rumorosamente) mandare il vostro potere fino a quel punto nel muro. Gli occhi sono aperti. Inspiro, pausa, espiro ed estendo.

(0:31:33) Moccia: Se qualcuno di voi prova del dolore, dentro quel dolore c’è un pezzo di resistenza. Quando il vostro lavoro sarà finito quando sarete in grado di stare in questa posizione, in silenzio, per 14 ore, per un mese di fila. E scoprirete che la vostra mente diventa vuota, si svuota persino dell’illusione del dolore. Inspiro, pausa, espiro ed estendo. (credo che questo si commenti da sé) (taglio nel video)

Nell’inspirazione il sentimento è di portare dentro forza vitale, energia; con l’espirazione estendo il mio respiro, insieme ad esso la forza, ma è anche il respiro che porta via le tensioni e che mi connette alla terra. Inspiro, pausa, espiro ed estendo.
Inizieremo e chiuderemo questo lavoro con il saluto. Sulle pareti del tempio – sono io che lo faccio, non voi – sulle pareti del tempio, mettete lì i maestri, che sono le persone che io onoro perché hanno guidato la mia storia. Non date un nome a questi maestri, sono tutti i maestri della vostra vita. (si gira verso il tempio, inchinandosi) Onegai shimasu. (i partecipanti lo imitano). Onegai shimasu.
Ora potete sedervi (0:35:21)

Puoi andare più in dietro, F.? (si rivolge a chi guiderà gli ‘esercizi fisici’ a voce bassa).
Gli esercizi fisici saranno guidati da F. che vi accompagnerà nella parte fisica di questo lavoro. F. è mio allievo da 8 anni, credo, 9 quasi, 10 da 10 anni e è venuto, ha messo il naso dentro, c’ha messo un piede, poi ha detto ‘No grazie’ è sparito per 8 anni, però il lavoro lavora.
Poi dopo 8 anni è tornato, ha bussato alla porta e ha detto ‘Sì grazie’ e da quel momento è cominciato un bellissimo lavoro dove esiste una conoscenza, ma la saggezza non è possedere una conoscenza, ma è sapere come usare la conoscenza che si ha e credo che questo è lo step nel quale noi siamo, perché in fondo, dentro il cuore di ciascuno di noi c’è una cosa che si chiama bellezza e anche conoscenza. Quello che state imparando è come usare questo, quello che imparerete è come usare ciò che siete e ciò che sapete.
Quando fate questi esercizi, fateli mettendoci dentro l’intenzione. Se le vostre mani vanno ai vostri piedi, la vostra attenzione dev’essere lì, se faccio un movimento, la mia attenzione dev’essere lì. Vai F. presentati prima al gruppo.

F: Ciao a tutti, io sono F. da domattina farò la parte del ki training.Grazie.

Tutti: Grazie

Comincia a far fare vari esercizi ai partecipanti ripetendo quasi a pappagallo le indicazioni del Moccia (da 0:38:34) che intanto passeggia fra i partecipanti e ogni tanto interviene per spiegare meglio l’esercizio che i partecipanti stanno eseguendo.

(0:50:14) Moccia: … come se questa mano va giù, raccoglie, sale, va giù. Quando va giù con questa seguo la linea a metà della gamba, come se devo sentire la condizione di stretch dei muscoli (mi permetto un commento personale: trovo davvero irritante questo parlare sgrammaticato ed infarcito di parole inglesi. Mi chiedo come ho fatto a sopportarlo così a lungo. Adesso non lo reggerei 5 minuti!), se volete di strap dei muscoli (ha fatto la battuta, però non ride nessuno)l’esercizio al centro non è qui, ma è total, vado giù, cerco il limite, il confine, vado. Infatti le tensioni sono sulle gambe e in quest’area. Il tronco è dritto, non si piega in avanti. (taglio nel video).

(0:51:35) … di essere una pala meccanica, scavo e risalgo. Questo rende il movimento circolare e permette di cambiare la direzione in maniera morbida. Non state andando lì ma state andando giù. Scavo e torno su … il limite fisico è quello che il vostro corpo può raggiungere. In realtà quando scendo, sono sceso qui ma la mia intenzione è lì. E’ come se la vostra attenzione dev’essere leggermente oltre la posizione del corpo. Questo già permette all’energia di fluire meglio. Se io vado così, il limite fisico è qui, ma la mia intenzione è lì. Ecco perché estendere l’energia mi permette proprio di andare oltre e il corpo segue. Prima in una direzione e poi nell’altra. (0:52:30), quindi scendo e devo proprio avere la coscienza della forza di gravità che mi porta verso la terra. Nella rotazione cerco il limite. (taglio nel video)

Adesso lo stesso esercizio lo farete da qui fino a qui. Visualizzatevi nell’area … (taglio video).
Cercate il livello di massima estensione del movimento. Adesso tutti e due gli omeri … adesso tutti e due indietro … (taglio video).
Oh, quando dite ‘penso di averlo provato’ non lo avete provato. E’ lui, è vero? (si sentono lamenti di dolore da una voce femminile 0:55:39). Lo hai trovato? (Moccia chiede a diversi partecipanti) Taglio video.
… adesso non è il caso di approfondire. Quello che mi interessa è che voi lo massaggiate con un massaggio circolare e usando il respiro, prima una mano e poi l’altra (alcuni tagli nel video) ora posso scrollare le … (taglio video)

Dal 0:56:40 1:00.54 al ci sono vari tagli nel video. Negli spezzoni si vedono i partecipanti che svolgono esercizi fisici guidati dal Moccia.

(1:00:54) Moccia: Potete alzarvi. Una delle cose che noi facciamo è conservare il controllo, anche quando apparentemente siamo lontani, in realtà la nostra mente è abituata a controllare; ora in questo esercizio, quello che farete sarà misurare il livello di controllo, farvi … le braccia sono abbandonate alla forza di gravità della terra. Quando io muovo il mio … quello che muove le braccia è la forza centrifuga.
(Moccia parla al telefono)

(1:02:52) Ora rifaremo questo esercizio, quando batterò le mani vi fermerete, vi fermerete nella posizione in cui siete (batte le mani e i partecipanti si bloccano). Ora, A. e come si chiama lei, un po’ te, un po’ te, un po’ te, R., A., te (indica diverse persone) se io mi fermo, qualcuno batta le mani (mostra come si deve svolgere l’esercizio) allora sono libero dal controllo. Se sono … vuol dire che sto controllando (1:03:46).
Ora prendete una mano, prendete un’altra mano e mettete due dita vicine. Con un dito giro in questa direzione e con l’altro al contrario (mostra il movimento che devono fare. Pochi riescono a farlo bene.) Avete una mente molto limitata.

Ora, esiste una parte psichica dove quello che voi pensate è che una persona sia buona oppure cattiva, che una persona sia generosa oppure … (non riesco a capire quello che dice). Quello che dovete imparare è che dentro di voi c’è questa cosa, c’è una parte di voi che è generosa e una parte di voi che è avida, c’è una parte di voi che è buona e una parte di voi che è cattiva (taglio nel video).
(1:05:28) … quando noi entriamo nel mondo. Un giorno abbiamo mangiato il frutto di un albero che è la conoscenza del bene e del male, queste parti … (taglio nel video) … a un’entità apparentemente oggettiva che … (non capisco) ciò che è bene e ciò che è male … (non capisco) se io vado profondamente dentro di me, mi accorgo che io sono capace di discernere e la cosa che mi permette di discernere è molto semplice: è che il male mi fa male e che il bene mi fa bene.

Le scelte vengono dal cuore e dalla libertà. Tutte le scelte che vengono dalle regole sono deboli e non hanno forza.

Ora riprovate l’esercizio di prima e sentite la forza centrifuga che porta le vostre braccia. Riuscirete a sentirla meglio se il movimento agite dal vostro ki e non dalle spalle. Il movimento è dal bacino … (non capisco, è troppo lontano, non sento quello che dice).

(1:08:16) Quello che faremo adesso sarà guardare questo spazio del controllo e è come se esiste una attività psichica al piano fisico: porto su una mano (alza un braccio, imitato dai partecipanti) normalmente quello che noi facciamo per ehm quando devo portare una mano da questo a questo punto e compio un atto volontario. Proviamo a a staccare, ecco. Scopro che il braccio è arrivato lì.
Se compio un atto volontario, impiegherò energia per portare il braccio da qui a qui e poi devo fare fatica per riportarlo lì.

Chi di voi ha vissuto con fatica? (alcuni partecipanti alzano la mano) Perché eravate scemi, cioè avete, non avete usato l’intelligenza naturale che è dentro di voi ma avete usato il dolore che c’è dentro di voi … e per agire. Chi agisce sotto la spinta del dolore spreca un casino di energia. Il movimento naturale è (fa vedere il movimento) oh, è arrivato lì, la fatica che compie è soltanto questa (i partecipanti riproducono il movimento come indicato dal Moccia).
Guardate un punto di fronte a voi. Inspiro, salgo, espiro, scendo. Cambio braccio … (continua con una serie di istruzioni sui movimenti da fare. I partecipanti eseguono i movimenti secondo istruzioni). Taglio video.

(1:11:29) Qui passiamo ad una nuova situazione. Dopo aver eseguito la serie di esercizi che abbiamo visto, i partecipanti vengono fatti sdraiare a terra sugli asciugamani/coperte che hanno portato.

Chi, guardando quello che è stato fatto fare finora ai partecipanti durante il ki training, abbia pensato che questi esercizi non si discostano molto, in fin dei conti, da quelli che si possono eseguire in un qualsiasi club vacanze, è pregato di seguire con attenzione quello che vedrà da qui in avanti.

Moccia: inspiro ed espiro. Durante i primi tempi della vita intrauterina fino agli ultimi mesi di gestazione, esistono … (taglio nel video) il riflesso della respirazione, poi useremo solo ed esclusivamente la parte alta del torace per cui manderemo l’aria, attraverso la bocca aperta, nella parte alta del torace, per cui inspiro ed espiro attraverso la bocca nella parte alta del torace. Inspiro ed espiro, inspiro ed espiro … (taglio video) torace, inspiro ed espiro attraverso la bocca aperta, inspiro ed espiro, inspiro ed espiro.

Da notare come Moccia stia aumentando il ritmo delle sue istruzioni. In questo modo i partecipanti sono portati a respirare sempre più velocemente e senza pause fra l’inspirazione e l’espirazione come si può notare al 1:12:40. Una donna, F. l’assistente del ki training e altri collaboratori maestri del Moccia, girano fra i partecipanti appoggiando una mano sul petto di chi non respira abbastanza in fretta per aiutarlo ad aumentare il ritmo di respirazione. (taglio video)

Moccia: … completo; inspiro ed espiro nella parte alta del torace inspiro ed espiro, inspiro ed espiro, inspiro ed espiro, seguendo il respiro veloce e pieno nella parte alta del torace inspiro ed espiro, nela parte alta del torace, la bocca aperta, elimino le pause tra la inspirazione e la espirazione e rendo il respiro circolare e pieno (1:13:12) inspiro ed espiro, inspiro ed espiro (taglio video) … la inspirazione, inspiro ed espiro,

Da notare che Moccia invitava i partecipanti ad espirare ‘facendo sentire il suono dell’aria che esce’. Invito chi guarda questi video a provare ad immedesimarsi nelle persone che vede, che non solo stavano da tempo respirando senza intervalli, con tutto ciò che questo comporta a livello fisico, ma lo facevano anche con tutti i lamenti degli altri nelle orecchie, lamenti che presto diventeranno per molti conati di vomito, pianti disperati e urla. Da tenere anche ben presente che, prima di questo momento, a nessuno veniva detto che durante il ki training si sarebbe fatta una seduta di respirazione forzata, a nessuno venivano spiegati gli effetti di questa respirazione e poi, dopo, questi effetti venivano interpretati da Moccia come ‘processi della persona’ che la seduta aveva portato a galla.[/u]

Elimino le pause tra inspirazione ed espirazione (Moccia gira fra i partecipanti col bastone e tocca il torace a chi non respira abbastanza rapidamente e senza pause) nella parte alta del torace e voglio sentire il sound dell’aria, non della voce ma solo l’aria; inspiro ed espiro, inspiro ed espiro, inspiro ed espiro, inspiro ed espiro, inspiro ed espiro (taglio video).

(1:14:00) qui si nota come una delle aiutanti spinga velocemente il torace di una partecipante per non farle perdere il ritmo. Cominciano già a sentirsi, ben chiari, i pianti di alcuni.

Moccia: cerco la massima estensione del mio respiro senza pause nella parte alta del torace con la bocca aperta.

(1:15:30) Cominciano a manifestarsi i devastanti effetti di questa respirazione forzata e prolungata perché [u]ricordiamoci che questo esercizio veniva protratto per un’ora e mezza o più.

Moccia: inspiro ed espiro, inspiro ed espiro, inspiro ed espiro, inspiro ed espiro (incalza i partecipanti) nella parte alta del torace inspiro ed espiro, inspiro ed espiro nella parte alta del torace … inspiro ed espiro, inspiro ed espiro, inspiro ed espiro senza pause nella parte alta del torace, con la bocca aperta, inspiro ed espiro, inspiro ed espiro, inspiro ed espiro (continua a ripetere queste frasi mentre il video si sposta ad inquadrare partecipanti che stanno visibilmente male SENZA POSSIBILITA’ CHE VI SIA DA PARTE MIA UN VIZIO DI INTERPRETAZIONE! come alcuni volevano far credere quando ancora questi video non erano disponibili e sotto gli occhi di tutti. Adesso si può vedere chi interpretava cosa nei vari blog degli adepti che difendevano e difendono l’ illuminato metodo di evoluzione personale che Moccia sosteneva di avere creato).

Moccia: il corpo è abbandonato alla forza di gravità della terra ed è completamente immobile. Quello che avviene è quasi un senso, fra virgolette, di una soglia dove la paura è quella di perdere il controllo. Inspiro ed espiro, inspiro ed espiro nella parte alta del torace (ripete ‘inspiro ed espiro ’ varie volte).

Prego di notare lo stato dei partecipanti dopo circa un’ora di respirazione forzata e chiedersi se è lecito fare questo a persone ignare perché, ripeto, nessuno sapeva, prima di farlo,a quali pratiche sarebbe stato sottoposto durante un intensivo. Ciò che veniva detto, dal Moccia, dai suoi maestri e da chi l’aveva fatto, era che ‘l’intensivo è uno strumento potentissimo di crescita personale, uno strumento che ti permette di ‘andare dentro ai tuoi processi’.
Nei prossimi video vedremo quanto questi famosi ‘processi’ fossero in realtà indotti a bella posta nei partecipanti attraverso esercizi di condizionamento mentale.

Arkeon - Seminari intensivi (VHS 3)

Arkeon - seminari intensivi (VHS 3) from arkeon on Vimeo.

Continua la seduta dopo l’esercizio del cantare il proprio nome.

Moccia: Oggi ancora di più penso che veramente il dono del dolore sia il senso di colpa, che non è il senso di colpa , che non è il senso di colpa per aver trasgredito a delle regole ma è il senso di colpa per essere felici, come se noi ci siamo portati dietro una modalità che è appartenuta alla nostra storia famigliare, personale, e questa diventa il modello per quello che viene dopo, per cui suo padre (indicando uno dei partecipanti) era triste e succubo di sua madre e anche lui è triste e succubo di sua moglie (ride).

Una delle cose più importanti nel lavoro che faremo sarà uno spazio di silenzio dentro perché noi mettiamo veramente tante cose, troppe parole fra noi e l’altro, fra noi e il mondo e credo che proprio uno degli strumenti che noi ci diamo per poter lavorare è l’ascolto e prima di passare a questa cosa che si chiama ‘reality check’ o, diciamo, le regole che il gruppo dovrà avere come realtà fisica, io volevo parlare di alcune regole, invece nella relazione tra noi e nella modalità proprio di comunicazione.

Prima abbiamo parlato di questa cosa che si chiama ‘autopercezione’, per cui io ho un’idea di me, ma l’idea che ho di me corrisponde a ciò che io realmente sono e corrisponde a ciò che l’altro vede (NdR ?? C’è sopra un colpo di tosse e non capisco bene il verbo. Qualcuno riesce a capire meglio?) di me, per cui è come se noi viviamo una schizofrenia fra ciò che noi siamo e ciò che pensiamo di essere, fra ciò che pensiamo che gli altri pensino di noi, tra ciò che gli altri pensano di noi ma che non ci dicono eccetera eccetera, per cui veramente abbiamo una polverizzazione della nostra identità.

Ecco perché quello che noi normalmente abbiamo fatto nella nostra vita è conservare le sicurezze, il che significa questo è quello che io di me penso, questo è quello che penso del mondo e nessuno può mettere in discussione questa cosa.

Se voi volete avere uno strumento di lavoro importante, è molto importante che voi abbiate una parola: questa parola è GRAZIE. Cioè, se uno vi dice ‘il mio giudizio è che sei un pezzo di merda’ piuttosto che dire ‘vaffanculo brutto stronzo’ eccetera uhm (mima il gesto di ingoiare qualcosa di grosso) grazie.

Tenetevela.

E stateci dentro perché innanzitutto esiste un patto e il patto è che noi siamo qui per amore e quindi se qualcuno mi offre delle parti significa che queste parti mi servono e mi servono per guardare una parte di me che io non vedo.

Se io guardo il mondo, è facile poterlo guardare, ma se io voglio guardare me stesso mi serve uno specchio e lo specchio, chi è lo specchio? E’ ciascuno di voi. Per cui, è come se noi abbiamo diverse modalità, a livello energetico, dove esiste un’energia di base che è la struttura dalla quale noi partiamo che si chiama ‘energia automatica’. L’energia automatica è un tipo di energia che è basata … immaginate un computer che ha un sistema operativo e un software. A costruire il sistema operativo e il software sono state le esperienze della nostra vita, quello che abbiamo imparato, i modelli che abbiamo ricevuto dai nostri genitori, le esperienze che abbiamo vissuto nella nostra infanzia e quello che abbiamo incontrato negli anni successivi.

E’ chiaro che una persona che è stata tradita, quando incontra una compagna (… non riesco a capire) … ancora. Per cui è come se noi andiamo a ripetere gli eventi. Per cui quando io vivo senza mettere in discussione ciò che io sono la mia vita diventa tra virgolette ‘automatica’ cioè basata su questo tipo di energia dove, ricevo uno stimolo questo va a interagire col programma e con le esperienze, col background che ho dentro e do una risposta.

Stimolo e risposta sono legati da un legame che è insolubile, ad esempio c’è G. (indica un componente del cerchio), no?, che è disposta a mettersi in discussione e allora io notavo una cosa, oggi, ma l’avevo notata anche ..., allora io dico a G. ‘il mio giudizio è che ogni volta che io faccio una domanda a A. mi rispondi tu (ride). Poi dice S. ‘oh, non lo fa parlare perché ogni volta che uno gli rivolge la parola o gli fa una domanda risponde lei. Allora io dico ‘il mio giudizio è … Allora se ho un background mio personale, cioè ogni volta che io chiedevo una cosa a mio padre mi rispondeva mia madre, sapete in cosa si trasforma, il giudizio? In risentimento. Se, ancora di più, io ho una compagna e ogni volta che qualcuno si rivolge a me risponde lei, questo diventa proprio risentimento.

E allora non userete il giudizio ma userete una forma di risent ‘Io risento con te perché ogni volta che lui parla rispondi tu’ in realtà sto pensando a mia madre, e si scatena tutto un processo che riguarda le proiezioni , perché in fondo la nostra vita è fatta di proiezioni, e se lui (indica un altro componente del cerchio) ha avuto un abuso da suo fratello quando era bambino (da notare che il Moccia non faceva esempi a caso ma diceva sempre cose personali davvero successe alla persona che indicava) in realtà in che cosa ha trasformato questo abuso? In una sfida col maschile, cioè in un conflitto con gli uomini, in un sentimento di sentirsi minacciato dagli uomini e infatti l’attività principale di N. era trovare uomini potenti eh? ( Si rivolge a N. chiedendo conferma) è vero, quasi sempre, e scoparsi le compagne di questi.

Lui in quella maniera, qualcun altro in un'altra, è chiaro che noi abbiamo rispo … questa si chiama ‘energia automatica’. Ricevo uno stimolo, o addirittura lo creo io stesso, lo stimolo, per appagare il vuoto che c’ho dentro e do una risposta.

Ecco perché noi useremo una forma di comunicazione dove quello che io vi chiedo è di usare meno parole possibili . Quando voi dite a qualcuno ‘io ti amo veramente tanto’ è perché non siete capaci di dire ‘io ti amo ’. Dico ‘veramente tanto’ per dire ‘forse c’ho qualche dubbio’. Per cui noi aumentiamo quello che è piccolo e diminuiamo quello che è grande.

Per cui eliminiamo gli aggettivi, gli avverbi e nelle lingue sacre, ad esempio, non esiste una piccola cosa, che è il se. Se io fossi, farei … No, tu lo sei o non lo sei, se lo sei lo fai e è come se noi viviamo al condizionale congiuntivo: mi piacerebbe o se io potessi. Per cui è come se creiamo una realtà virtuale che è separata dalla realtà vera. Il nostro compito è andare nella realtà quella vera. Anche se qualche volta la realtà quella vera ci crea ferite, ci crea dolore, ci crea …

Un’altra cosa che volevo dirvi useremo meno aggettivi possibili. Quando comunicate con le persone guardatele negli occhi e se avete qualcosa da dire a qualcuno, ah siate diretti e siate chiari. Evitate di sedurre per punire: tu sai quanto bene ti voglio però ti voglio dire sei stata una stronza perché … Cioè non c’è bisogno di dire che ti voglio bene. Ditele soltanto che sei stata una stronza o robe del genere. Per cui siate concentrati: poco ma chiaro.

(09:21) Apprezzamenti, risentimenti giudizi e condivisioni. La condivisione è quando abbiamo un pezzo in comune con l’altro, per cui N. e M. possono condividere tra di loro com’è essere abusati dal fratello. Hanno un’esperienza in comune per cui possono parlare della stessa esperienza. Come ce l’aveva tuo fratello (ride e ridono altri del gruppo) a me me lo ha messo nell’orecchio, a te … per cui si chiama condivisione, questa, quando c’è un pezzo in comune che posso condividere con l’altro.

La condivisione diventa giudizio se io osservo un pezzo dell’altro e glielo mostro e ad esempio, M. entra in bagno e tutti quan… e ci sta tre quarti d’ora e gli altri non riescono ad andare in bagno. Lui si prende la rivincita rispetto ai fratelli e gli altri rimangono appesi. Allora questo può diventare giudizio: il mio giudizio è che tu non rispetti le persone. Lui dice ‘No, non è vero’. Grazie è la risposta.

Usate come risposta il tenervi dentro le cose anche quando non vi piacciono. Quando vi viene detta una verità attraverso la forma del giudizio, della condivisione, del risentimento eccetera o dell’apprezzamento, l’apprezzamento potete anche non farlo perché quelli non servono e la sensazione è che rasentano il filo della seduzione, il nostro compito non è sedurre l’altro.’ Ah che bella persona che sei, sei una persona meravigliosa’ non serve a un cazzo tanto a me personalmente non mi serve ah, una verifica sui miei talenti o su quanto ah può essere bella la mia parte bella, quella la conosco. Ah, piuttosto mi serve vedere qual è la mia parte vuota, la mia parte dove io devo lavorare.

Arkeon - Seminari intensivi (VHS 2)

Arkeon - Seminari intensivi (VHS 2) from arkeon on Vimeo.

I partecipanti scelgono dove sedersi all’interno del tempio. Ad un certo punto viene acceso un faretto e la luce aumenta. Il Moccia ogni tanto si piega verso sinistra perché lo stereo si trova dietro alla sua sedia e lui lo regola secondo necessità.
Quando i partecipanti sono tutti sistemati, si può cominciare.

Moccia: Augh !

Si alza avendo cura di non far rompere il cerchio a chi rimane seduto. Questo gesto ha una sua importanza, in quanto significa non lasciarsi ‘buchi’ o ‘vuoti’ alle spalle, significa ‘chiudere una situazione prima di allontanarsene’ e così via. Tanti anni fa era un gesto che i frequentatori dei seminari imparavano al primo livello, quando il Moccia faceva l’esercizio del ‘trovare il proprio posto nel mondo’ (l’ho chiamato io così).

(0:02:52) Moccia: La prima cosa che faremo sarà una cerimonia semplicissima e brevissima ed è la riunificazione di queste due parti (raccoglie due oggetti dall’interno del triangolo centrale) dove nelle tradizioni sciamaniche questa è la pipa sacra; dove il fornello rappresenta la terra, l’energia femminile e questo rappresenta l’energia maschile, cioè del cielo.

Il nostro compito è portare insieme queste due parti, unire ciò che era separato (così dicendo unisce i due oggetti) e terra e cielo camminano insieme. Questo sarà il segno del lavoro che accompagnerà questi giorni. Sembra semplice ma … (Risatine di qualcuno. Moccia rimette l’oggetto nel triangolo).

Prima dicevo sembra semplice perche spesso mi è arrivata una domanda dalle persone: come faccio a odiare l’uomo che amo? O per gli uomini la stessa cosa nei confronti delle compagne. Il lavoro che faremo sarà duro, si dice doloroso? (rivolgendosi a un maestro che annuisce) issimo, ma anche sacro.

(04:36) Possiamo per un momento chiudere i nostri occhi, e ci sono due parole che ciascuno di voi può pronunciare e sono: SPIRITO VIENI.

Da notare che il Moccia sosteneva pubblicamente che il ‘lavoro’ da lui svolto nei seminari, intensivi ecc fosse GUIDATO DIRETTAMENTE DALLO SPIRITO. Spesso, dopo una delle numerose tirate d’indottrinamento che infarcivano le riunioni dei maestri e i vari seminari, si rivolgeva a qualcuno dei maestri o degli organizzatori o comunque dei fedelissimi dicendo: ‘Ma cosa ho detto? Non mi ricordo niente, ho canalizzato tutto.’ A voce abbastanza alta, in modo che sentissero anche quelli intorno.

Una piccola nota personale: tutti questi richiami allo spirito, se da una parte possono creare nelle persone una certa suggestione, dall’altra non sono certo la prova e ancor meno la garanzia che il ‘lavoro’ arkeoniano fosse spirituale ed è certo ridicolo sostenerlo su queste basi.

Moccia: chi ha il coraggio di farlo alzando la voce può farlo.

Dopo questo invito i partecipanti cominciano ad invocare a voce alta la venuta dello ‘spirito’ ripetendo le parole indicate dal Moccia.

Moccia: Grazie (lascia andare le mani dei vicini). Per tradizione nel nostro lavoro degli intensivi faremo un giro di … dove vi presenterete e lo farete col vostro nome e per tradizione noi questa presentazione la facciamo col sentimento di varcare una soglia, che è quella del giudizio che ciascuno di noi ha su di sé, la paura di sbagliare, per cui il vostro nome lo canterete e cercate qual è la modalità giusta per farlo, l’intonazione giusta.

Su questo esercizio del far cantare il proprio nome e dei possibili effetti sulle persone ricordo che scrisse Carlo. Se qualcuno potesse postare il link al suo post gliene sarei grato.

Moccia: Esiste anche una parte della nostra storia dove noi abbiamo un’idea di noi stessi e questa idea si chiama auto percezione; ma la domanda che ho è ‘quello che penso di me corrisponde realmente a quello che sono? Qual è la parte di me che gli altri vedono e che io non vedo?’ e credo che questa è la parte proprio critica della nostra storia, infatti voi avrete un aiuto: quando canterete il vostro nome tutti gli altri del gruppo vi guarderanno. Guarderanno la gestualità, l’ispirazione (?? non riesco a capire bene la parola che dice) della voce, la postura, i tic che avrete e infatti poi tutti quanti ri-canteranno il vostro nome per mostrarvi quello che voi avete offerto, in realtà quello che siete (07:09).

E … cercate di superare quel momento iniziale di vergogna. Una volta che avete detto il vostro nome e che il gruppo vi ha rimandato indietro questa cosa, poche parole per dire chi siete, da dove venite, che ci fate qui, pochissime parole. (Il primo partecipante si schiarisce la voce).
Moccia: ricordatevi i colpi di tosse prima di cantare.

Il primo partecipante canta il suo nome e quando ha finito, il Moccia ricorda al gruppo di riprodurre anche il ‘colpo di tosse’ che ha preceduto il suo canto del nome.

Da qui in avanti, trascriverò solo ciò che dice il Moccia e non quello che dicono i partecipanti, a meno che non mi sia utile per descrivere qualcosa. La stessa cosa farò durante le condivisioni dei partecipanti negli altri video.

Da notare che i maestri, solitamente, non portano il cartellino con su scritto il nome attaccato al vestito. Anche qualche ‘vecchio’ si prende la libertà di non portarlo.

Notiamo anche che i maestri, nelle condivisioni iniziali, sottolineano tutti la ‘magia’, la ‘bellezza’, il ‘sentire sempre di più’, il ritrovare ‘volti conosciuti’ ecc.

Moccia: Parla col cerchio (rivolto a una signora che, durante la breve condivisione, guardava verso di lui).

Ci sono diverse condivisioni tagliate. Forse può essere di interesse ascoltare la condivisione della moglie del Moccia che, fra le altre cose, dice che guiderà il cerchio delle donne e che si offre come esempio.

(37:25) Isa Moccia: Sono Isa, sono molto emozionata, è sempre un nuovo intensivo, per me.Ho il cuore che mi esplode perché forse è la prima volta che sento, e ho sentito anche negli ultimi giorni, nei giorni precedenti, di voler essere qua. Cioè prima lo vivevo come dovere: sono la moglie di Vito, devo fare l’intensivo, devo lavorare, devo conoscere la gente, devo portare avanti il cerchio delle donne, non devo essere chiusa e invece da un po’, proprio da quando mi sto aprendo a mio marito, sento questa apertura all’esterno ed è un miracolo per me; è l’inizio, nel mio cammino, della fede. E sono … per me questo intensivo è veramente un’apertura, sarà una settimana nuova e interessante e vi auguro buon lavoro e grazie già in anticipo per quello che io imparerò e mi offro, mi offro come esempio, come servizio … (a questo punto il Moccia la ferma facendole capire che si sta allargando troppo. Battutine a doppio senso sul ‘offrirsi’. Risate generali.) Sento questa apertura e posso offrirmi perché sono sua (del Moccia = completamente affidata) perché comincio a sentire l’appartenenza di cui negli anni precedenti abbiamo, ha tanto parlato lui, io ho ascoltato, tentato di ascoltare (… non capisco cosa dice qui) e comincio a sentire questa appartenenza, comincio a sentire, e dico da pochissimi giorni molto profondamente, il sentimento che una donna può essere autorizzata ad essere donna solo da un uomo, e a sentirsi donna, da un uomo. Io credo che la madre, il lavoro che stiamo facendo con le madri serva ad altro, ad altri aspetti del femminile e io in questo, proprio perché sento finalmente l’appartenenza, posso esprimere la mia gioia e posso mettermi al servizio, come presenza. Vi ringrazio.

Io non sono un addetto ai lavori, come del resto non lo è la moglie del Moccia né il Moccia stesso (che pare proprio essere sprovvisto dei titoli necessari ad addentrarsi in argomenti che dovrebbero spettare agli psicoanalisti), ma mi sembra un po’ strano che debba essere l’uomo a dare a una donna l’ “autorizzazione” ad essere donna, a sentirsi donna. Magari qualche persona che ha studiato seriamente l’argomento potrebbe chiarire l’inghippo, chissà.

Arkeon - seminari intensivi (VHS 1)

Arkeon - seminari intensivi (VHS 1) from arkeon on Vimeo.

L’agriturismo ‘Lo Spagnulo’, il posto dove si svolgevano gli intensivi, i pre master e i master training, è circondato da vaste distese di uliveti. Qui abbiamo una panoramica dell’ uliveto che si trova dietro alla zona del tempio. A volte i cavalli dell’agriturismo venivano lasciati liberi di girare in quest'area.

Il cerchio di pietre ripreso all’inizio del filmato è quello al cui interno viene acceso il ‘fuoco sacro’. All’inizio dell’intensivo vengono designati i ‘guardiani del fuoco’, coloro che sorveglieranno a turno il fuoco durante i giorni dell’intensivo. Nei giorni dell’intensivo il fuoco dovrà ardere ininterrottamente, per questo i fuochisti organizzeranno anche turni di veglia notturna.

Uno dei vari esercizi svolti durante l’intensivo è quello di ‘lasciare andare’ nel fuoco sacro (buttarci dentro) oggetti che simboleggiano per la persona le parti malate o perverse del suo passato e/o delle relazioni della sua vita. Consiglio di leggere le varie testimonianze in proposito che si possono trovare sul questo sito.

Si vede poi il Moccia che predispone la coreografia del tempio, luogo in cui si svolgeranno diversi esercizi dell’intensivo fra cui quello delle sedie, la fossa dei leoni, spesso il cerchio delle donne, e vari momenti di indottrinamento in cui il Moccia espone le sue teorie. Come colonna sonora, musica evocativa, spesso degli indiani d’America.

Il significato degli oggetti posti sul pavimento verrà poi spiegato dal Moccia durante la prima riunione. Si torna quindi all’uliveto dove i volontari stanno ammonticchiando legna e rami nel cerchio di pietre che accoglierà il sacro fuoco purificatore.

Interessante notare come, al minuto 10:48 del video, uno dei fuochisti si faccia il segno della croce prima di entrare nel cerchio di pietre per accendere il fuoco.

Quando la scena cambia vediamo il Moccia che sta disponendo grosse candele lungo i vialetti che conducono al piazzale antistante il tempietto, aiutato da maestri di arkeon.

Il triangolo composto da katane in legno e candele si troverà al centro del cerchio formato dai partecipanti sul piazzale del tempio durante la cerimonia di apertura dei lavori. Moccia e un maestro accendono due torce.

17:18 – i partecipanti cominciano a mettersi in cerchio sul piazzale antistante il tempio. Colonna sonora: canti in latino, tipici delle messe solenni (non conosco il nome ‘tecnico’ di questi canti)

Moccia: "Ah, aspetta. Dunque, chi è che si ferma alla porta?"
Voce: "Io."

La zona del tempio è circondata da un’alta staccionata. Vi si accede tramite una porta che viene chiusa a chiave durante gli esercizi, così nessuno può entrare o uscire liberamente dal luogo in cui si svolgono i ‘lavori’. Moccia indica ad alcuni maestri la posizione che devono avere nel cerchio rispetto a lui.

Moccia: "Ahhhh ! Circle."

Prende le mani dei vicini imitato dalle persone che formano il cerchio. Il cerchio è ristretto, composto solo dai maestri iniziati dal Moccia che lo aiuteranno nei vari lavori dell’intensivo.

Moccia: "La sensazione è morbidezza ma anche forza. Chi va a chiamare … ?"

I partecipanti, a turno, dicono una parola che sintetizza il loro stato d’animo in quel momento.

Maestri: "Spirito. Amore. Sereno. Forza. Forza. Fede. Pace. Fede. Inizio. Incontro con Dio. Magia. Forza."

Da notare che dopo le parole ‘Spirito’ e ‘Incontro con Dio’ Moccia emette un suono di approvazione (Au o Augh).

Moccia: "A me mi viene …" (non capisco cosa dice)

Risatine degli astanti.

Voce: "Ogni riferimento è casuale."
Moccia: "Questo è importante, questo intensivo, perché nel fuoco finiranno tutti i certificati vecchi di reiki e credo che bruceremo diversi milioni di roba e anche l’album delle foto di quando io facevo fotografie nei seminari. Come se va via un pezzo della mia storia. Guardo come mi sento … bene, anzi meglio."

Arrivano tutti i partecipanti all’intensivo che si uniscono al cerchio.

Moccia: "Portatevi tutti la cartellina. Non dentro, lasciatela fuori ma l’importante è che ce l’abbiate tutti."

La cartellina veniva consegnata ad ogni partecipante al momento della registrazione, momento in cui si pagava l’intero costo dell’intensivo, all’arrivo. Conteneva un quaderno piccolo, una penna, alcuni fogli bianchi, gli orari dei lavori (NdR. senza alcuna descrizione di cosa si sarebbe fatto!), alcuni fogli con frasi e brani ‘a tema’ di autori vari.

Moccia: "(rivolto ai nuovi arrivati) Potete entrare. The growing, the growing circle. (serie di sospiri sonori) so many, ahhh. "

Quando tutti i partecipanti sono posizionati nel cerchio, Moccia cambia la colonna Sonora che vira decisamente verso la musica new age, rilassante ed evocativa.

Moccia: "Certo."
Voce: "Hanno detto di avvisare 10 minuti prima della fine così fanno trovare apparecchiato."
Moccia: "Prima di quale fine? La vostra fine (risate)."
Voce: "Ambasciator non porta pena."
Moccia: "Volete ruotare un po’ di là? Cerchiamo di farlo cerchio."

Segue un lungo momento di silenzio durante il quale Moccia guarda i partecipanti ed essi si guardano a vicenda.
Cerchio d’apertura. Il Moccia lascia le mani e si mette a camminare dentro il perimetro del cerchio formato dai partecipanti.

Moccia (dal 26:52:21):
"Un giorno mi è venuta un’idea e l’idea è che nella mia vita ci fosse qualcosa che non funzionava. C’era un pezzo di contraddizione, c’era un grosso sentimento di incapacità affettiva e c’era la ricerca di qualcosa che io non sapevo cosa fosse, per cui avevo provato per molti anni a cercare, ma in realtà non c’erano risposte perché qualunque cosa io trovassi dopo un po’ di tempo perdeva il suo valore, perdeva fra virgolette ‘intensità’; perché in fondo ciò che io cercavo era qualcosa che mi facesse sentire da un lato vivo e presente nel mondo ma dall’altra parte non avesse questo sentimento di vitalità fondato sull’eccitamento, perché è facile sentirsi vivi, basta farsi un’iniezione di adrenalina e uno sente che c’ha la forza vitale, ma non era quello perché quello che io cercavo aveva un’altra caratteristica: doveva essere anche autentico. Ma perché fosse anche autentico, c’era un tunnel da attraversare, che era il tunnel dell’inganno ma soprattutto dell’auto-inganno. Era quella parte di me nella quale io me la sono raccontata per cui cercavo delle cose, poi mi stancavo, ne cercavo delle altre; e un giorno ho sentito che avevo bisogno di qualcosa di vero e è incominciata questa ricerca. Se io avessi saputo il dolore che avrei incontrato in questa ricerca forse non l’avrei cominciata ed esiste un punto, che io chiamo punto di non ritorno, quando la coscienza si sveglia, esiste un punto dal quale non potete tornare più indietro, cioè siete obbligati ad andare per forza avanti perché tornare indietro significa toccare un dolore ancora più grande, per cui di fronte a me c’è un grande dolore, dietro di me ce n’è un altro e io sono al centro.

E questa immagine è un po’ come l’immagine di una persona che si tuffa in un fiume con le acque tempestose e forti e deve decidere se deve tornare sulla riva dalla quale è partito e rimanere dov’era, ma ormai la corrente lo porta via, oppure deve decidere se andare con la corrente verso la riva opposta. E infatti nell’arco di questi anni ho chiesto alle persone sì ha visto tutto il dolore che hai attraversato ma sei disposto a tornare indietro? E la risposta è no. Perché in uno spazio di paralisi persino il dolore perde l’autenticità e il dolore diventa il dolore di non poter più provare neanche un dolore autentico, io vi garantisco che il dolore che proverete in questi giorni sarà autentico, sarà completamente autentico, perché in questi giorni incontreremo l’inferno e da quell’inferno verremo fuori, forse non tutti ma credo la maggior parte.

E qualche volta mi viene quella frase ‘morì e fu sepolto, discese agli inferi per risorgere’. E’ vero che questa è la storia di tutti quanti noi. Oggi, ieri oggi abbiamo preparato lo spazio per il lavoro di questi giorni e la sensazione profondissima nel cuore era una grande tenerezza, che è la tenerezza di chi accompagna ma anche la tenerezza di un piano affettivo nel quale il sentimento è di parlare la stessa lingua, di incontrare persone che sono sullo stesso cammino, che è il cammino della coscienza, che è il cammino (pausa ad effetto n.d.trascrittore) dello spirito, che è il cammino, io credo, di Dio. Dico credo perché lascio a tutti quanti voi una possibilità, che è quella di esplorare individualmente questo pezzo e, una delle cose che io ho visto in questi anni è che questo percorso, come qualunque percorso che sia autentico, ha bisogno di alcune cose. Una di queste cose è l’affidamento perché una delle cose che ha toccato la nostra storia è stata una sorta di tra virgolette ‘arroganza’ nella quale io ce la farò da solo, per cui noi abbiamo imparato a non fidarci, abbiamo imparato a coltivare un mondo interiore che è comunque staccato dal mondo reale nel quale, vi parlo di questo mondo interiore, nel quale ci sentiamo protetti, che però non ci porta da nessuna parte per cui io per anni mi sono crogiolato in una sorta di dolore egocentrico e dicevo ‘come soffro’ ed ero veramente pieno di questo. Oggi la sensazione è quella della libertà, è quella dell’ascolto e compare qualche altra cosa, parole come ‘responsabilità’ ‘uminltà’ e ‘servizio’. Ma tutto questo è il frutto di anni di lavoro.

Ora, il mio invito per voi è a vedere quali sono state le spinte, le motivazioni per essere in questo posto, vedere quali sono le cose che state cercando. Chi cerca delle risposte non troverà risposte, forse troverà domande più profonde e lì cominciano i problemi perché per dare una risposta alla domanda più profonda dovrò cercare la domanda successiva e in fondo la risposta stessa è in realtà la domanda. Io guardo come in questi anni è cambiata la domanda e le cose sono diventate sane, sacre e vere.

Se io guardo tutto l’inferno attraversato per arrivare a oggi e guardo come in questo passaggio attraverso l’inferno in fondo il dolore ha una funzione e la funzione del dolore è quella di mostrarmi la strada, di mostrarmi gli spazi nei quali io devo correggere gli eventi della mia storia, ma anche il mio atteggiamento rispetto alla storia.

E dentro tutto questo noi in questi giorni faremo una ricerca profonda e importante, individuale per ciascuno di voi ma anche collettiva e di gruppo dove essere in un cerchio significa essere attorno a un fuoco, significa essere tribù, significa essere con padri e madri sagge, padri e madri saggi di figli che sono i figli che stanno nascendo in questo cerchio.

E dentro questa cosa è come se noi dobbiamo andare a guardare le nostre radici e le dobbiamo tra virgolette ‘purificare’. E quello che toccherete in questi giorni sarà la curiosità, la paura, la rabbia, la tristezza, il dolore ahhh il sentimento di essere stati fra virgolette ‘sconfitti’ ma anche la forza di uscire da quella sconfitta per trovare la direzione.

Ora io voglio chiedervi di chiudere i vostri occhi e di andare al momento in cui avete scelto di essere in questo cerchio, qual è stata la spinta che mi ha portato ad essere qui, quali sono le cose per le quali ho scelto di esserci. E nel momento in cui ho scelto, come mi sono sentito. E guardo il momento in cui ho chiuso alle mie spalle la porta della mia casa, ho salutato le persone che fanno parte della mia vita. E vado a quel momento in cui ho varcato la soglia di questo spazio e ho messo piede in questa terra, quali sono le mie aspettative e quali sono le mie paure. E vado indietro nel tempo al tempo in cui per la prima volta sono entrato in un cerchio, nel mio primo seminario, vado al giorno in cui ho incontrato arkeon, quali erano le cose chi io mi aspettavo e quali cose ho incontrato.

Guardo anche chi era la persona che ho portato in quel primo seminario, quali erano i miei valori, quali erano le cose per cui io avevo combattuto, quali erano i miei desideri, le mie illusioni, qual’era il mio modo di rapportarmi alla mia vita, alla realtà e al mondo e guardo quello che è accaduto in questo tempo, guardo quello che in questo tempo è avvenuto, ma guardo anche come nel mio cuore ho incontrato una direzione che non conosco, ho incontrato una strada, e porto la mia attenzione su queste mani che sono nelle mie mani e guardo per quanto tempo ho desiderato di avere nelle mie mani le mani di qualcuno di cui io potessi fidarmi. Avrei voluto fossero le tue, padre, o le tue, madre. Ma guardo anche una ferita profondissima e una sorta di solitudine. E guardo anche una parte sacra nel mio cuore dove ho sentito muovere la spinta di una cosa che posso chiamare spirito, dove questa spinta mi porta a essere concreto, vero, a essere dentro la mia storia, ed è la stessa spinta che mi porta a lasciare alle mie spalle un cuore di pietra per incontrare un cuore di carne. (…)

Il video si interrompe e riprende inquadrando il Moccia che accende una fiaccola dal piccolo fuoco che arde al centro del cerchio. I partecipanti stanno lasciando uscire un suono che dovrebbe essere il canto della loro anima, che hanno trovato in fondo al loro essere guidati, sempre ad occhi chiusi, dalla voce del Moccia. Il tenore di questo canto cambia, può essere armonico, come in questo caso, o assolutamente cacofonico, pieno di urla di dolore e di rabbia, a seconda di quello che il Moccia suggerisce durante la visualizzazione guidata. Il Moccia comincia a girare nel cerchio con la fiaccola accesa in mano. (41:53)

Ora rimarremo con gli occhi chiusi. Il significato degli occhi chiusi, il significato degli occhi chiusi è misurare la mia capacità di affidarmi. La parte più difficile, ed è la parte che noi abbiamo dimenticato nella nostra storia, è la capacità di avere una guida, un maestro. Quello a cui siamo stati abituati è quando qualcuno ci dice qualcosa è chiederci perché, non è così, oppure io voglio fare di testa mia. Questo è anche giusto, però so che dovrò anche prendermi la responsabilità dei risultati.

Io guardo la mia ribellione a mio padre e oggi guardo la mia obbedienza a mio padre; guardo la mia ribellione a Dio, e guardo la mia obbedienza di oggi e dico grazie per questo mistero, posso permettermi che tu mi prenda per mano e che mi guidi.

Ora simbolicamente faremo una cerimonia nella quale ciascuno di voi dovrà tenere stretta la mano della persona che è davanti a voi, ma anche stretta quella della persona che vi segue e dovrete avere il coraggio di lasciarvi portare. Qualche volta incontrerete degli ostacoli, ci sbatterete la testa contro, è tutta esperienza. Rimanete con gli occhi chiusi e, come dicevano gli antichi, che Dio ve la mandi buona. Qualche volta anche nella merda."

In questo video si vede chiaramente come i partecipanti, cui è stato ordinato di tenere gli occhi chiusi, vengano tirati a camminare facendo lo slalom pericolosamente vicino alle grosse candele poste a terra, col rischio di bruciarsi o incendiare gli abiti. Una persona, infatti, ci cammina sopra (48:52). Dopo aver fatto girare un po’ la gente, il Moccia, che conduce la fila tenendo in mano una torcia, li fa fermare e li sistema in modo che ognuno abbia davanti qualcuno.

Moccia: "Ora potete fermarvi dove siete. Andate più indietro, più indietro, più indietro, più indietro, più indietro, più indietro, più indietro, un poco più indietro. Oh! Ohhh! Potete fermarvi dove siete (51:29). E quello che voglio chiedervi è di guardare cosa avviene dentro, di guardare se vi siete fatti accompagnare o se c’è stata resistenza o paura. Guardate come il senso di minaccia ha il potere di guidare la vostra storia, la vostra vita. "

Da notare che le persone non hanno gli occhi aperti; comincia una delle numerose visualizzazioni guidate che Moccia usa spesso, suggerendo ai partecipanti le emozioni che dovrebbero provare).

Moccia: "Dove qualunque cosa sia, io non so se posso fidarmi. Però se non posso fidarmi io non avrò neanche risultati, per la mia storia. E quando guardo la mia storia guardo come questa storia qualche volta è scialba: poca gioia, poca bellezza, poco amore. Il desiderio è forte, la spinta è forte, però io non mi smuovo da ciò che penso di me e del mondo, non sono capace di andare oltre, non sono capace di dire sì.

E allora vivrò il mio piccolo mondo, con le mie piccole soddisfazioni, le mie piccole illusioni, le mie piccole paure, la mia piccola vita e continuerò a farmi male. La domanda che sale è “come posso fare per potermi fidare?” La risposta è che la fede non si compra al mercato, ma è qualcosa che uno sente dentro quando è pronto, quando l’anima risuona e la vita si apre. Fino a quel momento, quel che guida la nostra storia è la paura, che è la paura di essere feriti, è la paura di essere abbandonati, è la paura di essere traditi, come lo siamo già stati. Un giorno scopro che la mia vera paura è quella di essere amato, la mia vera paura è quella di scoprire la grandezza che c’è nel mio cuore, la mia vera paura è di scoprire chi sono."

Da notare al 55:47 che già questa ‘visualizzazione emotiva’ comincia ad avere i suoi effetti su alcuni partecipanti.

Moccia: "Nel frattempo, quello che ho fatto è aspettare. Il mio invito per voi, ora, è mettere di fronte a voi la vostra vita. E guardatela, ma soprattutto guardate una cosa che si chiama solitudine."

Panoramica sui volti di alcune donne. Verso il min. 57:30 ne vedremo una piangere sommessamente.

Moccia: "Lascio scivolare davanti ai miei occhi il volto delle persone che ho incontrato, le persone con cui ho avuto una relazione, e la domanda che ho nel mio cuore è se io veramente ti ho incontrato. E scopro che io non potevo incontrarti perché non avevo ancora incontrato me stesso, non potevo vederti perché non avevo ancora visto me stesso, non potevo amarti perché non riuscivo ancora ad amare me stesso, non potevo conoscerti perché non conoscevo ancora me stesso. E guardo come un giorno, nella mia vita, forse è arrivata una luce, ed è la luce che mi ha aperto gli occhi, che mi ha permesso di vederti. Quando vedrete una luce davanti ai vostri occhi, allora li aprirete per incontrare l’altro."

Moccia prende in mano la torcia, che durante la visualizzazione guidata aveva lasciato ardere su un supporto, e comincia il giro fermandosi davanti ad ogni partecipante cui agita la torcia davanti al viso. A quel segnale, il partecipante apre gli occhi e si trova faccia a faccia col Moccia che lo guarda intensamente negli occhi e, a volte, gli mormora frasi ad effetto (tipo ‘bentornato a casa’, ‘ce la faremo’ ecc. – questo lo so perché sono state dette a me personalmente e immagino che anche altri ne abbiano sentite di simili).

(59:45) Qui si nota la posizione delle persone. Il cerchio non è chiuso. Si vedrà a breve che il Moccia prenderà una torcia e, iniziando da una delle estremità della fila (quella che comincia con sua moglie o, in mancanza, con uno dei suoi maestri più fidati) inizierà il giro posizionandosi davanti ad ognuno dei partecipanti. Chi apre gli occhi alla vista della maggiore luminosità causata dalla torcia davanti al viso, dopo essere stato ‘occhi negli occhi’ col Moccia, si troverà ‘occhi negli occhi’ con tutti quelli che lo seguono fino ad esaurimento delle persone.

Si può notare come, soprattutto all’inizio, il Moccia sussurri frasi di benvenuto e di buon lavoro ai partecipanti (ma anche più esplicitamente affettive tipo il ‘ti porto nel cuore’ che viene sussurrato ad un uomo al 1:12),che all’inizio della catena umana sono prevalentemente i maestri iniziati da lui.

Potrebbe sembrare un esercizio ‘leggero’, ma si nota come già molta gente cominci a piangere (1:14) o manifestare uno stato emotivo sovraeccitato.

Le persone all’inizio e alla fine della fila sono sempre maestri iniziati dal Moccia perché anche all’interno del cerchio c’era una precisa gerarchia per quanto riguarda i posti occupati alla destra e alla sinistra del Moccia che era, come comprensibile, il punto più importante della circonferenza.

La fila finisce proprio davanti alla porta del tempio, dimodoché chi arriva alla fine possa lasciare andare la mano di chi lo precede ed entrare a prendere posto nel tempio. Come si può notare, l’ambiente è accuratamente allestito per creare una certa atmosfera: illuminazione a candele, altare entrando sulla sinistra, accessori che dovrebbero indurre una miscellanea di suggestioni con richiami etnico-tribali agli indiani d’America (tamburi in pelle con disegnini di bisonti alle pareti, il teschio di qualche animale in mezzo al triangolo al centro), alla tradizione nipponica (il triangolo è formato da catane in legno da addestramento, lenzuolino con il disegno di un ideogramma che dovrebbe significare ‘reiki’ appeso dietro alla sedia del maestro, riconoscibile anche dal fatto che è l’unica coperta da un drappo bianco), gong di non trascurabile dimensioni che servirà a scandire, fra gli altri, alcuni momenti clou degli esercizi più violenti che avranno luogo durante i giorni successivi e altri che si vedranno man mano.

Fra i ‘pezzi forti’ vi è la statuina che si nota alla base del triangolo formato da catane e ceri al centro della stanza: chiamata Penelope (forse troviamo in questo nome un qualche richiamo mitologico?), col suo ventre cavo e pieno di appuntiti cristalli violacei – è un geodo d’ametista – risveglia e catalizza facilmente i vari ‘processi’ delle donne e/o che coinvolgono le donne – madri, compagne, sorelle ecc ecc -.

Si ringrazia per la seguente trascrizione l'utente Tiresia del forum CeSAP per il tempo dedicato e la grande pazienza (bit.ly/​gGbVTs). E' un operazione molto utile ai fini della ricerca criminologica, per il lavoro degli inquirenti e per tutti quanti, vittime degli abusi psicologici della psicosetta Arkeon vogliano rielaborarne il vissuto.